Salute Sette Lecce Embolizzazione della prostata: come curare la ghiandola senza la chirurgia L'embolizzazione blocca l'ingrossamento della ghiandola in modo mini invasivo. Qualche giorno fa abbiamo parlato dei grandi vantaggi che si possono avere attraverso l’embolizzazione nel caso in... 08/11/2018 a cura della redazione circa 4 minuti L'embolizzazione blocca l'ingrossamento della ghiandola in modo mini invasivo. Qualche giorno fa abbiamo parlato dei grandi vantaggi che si possono avere attraverso l’embolizzazione nel caso in cui ci si trovi di fronte a un fibroma uterino. Vi abbiamo già accennato il fatto che lo stesso metodo può bloccare l’ingrossamento della prostata. Abbiamo anche parlato della prostata in occasione della campagna per prevenire i tumori che riguardano questa ghiandola. Oggi affrontiamo il problema dell’adenoma o ipertrofia della prostata: patologia che anche in Italia, da poco tempo, viene curata con una tecnica importata dall’America. Si tratta di un’operazione ancora più nuova per quanto riguarda l’organo maschile rispetto al fibroma uterino, su cui sta puntando già da qualche tempo il dottor Tommaso Lupattelli, direttore Unità di Radiologia Interventistica GVM di Milano. I vantaggi sono chiarissimi: l’ospedalizzazione è di una sola notte e il dolore è quasi assente. L’adenoma prostatico, cioè l’ingrossamento della prostata che comprime l’uretra (quindi fa sì che ci siano difficoltà nell’urinare) si riduce e il paziente torna ad avere una funzionalità normalissima. “E’ un intervento molto meno invasivo – spiega il chirurgo vascolare Tommaso Lupattelli – E’, però più lungo rispetto all’intervento sull’utero: dura dai 40 ai 60 minuti. Il paziente è sveglio, non sente assolutamente nulla e la cosa bella è che anche dopo l’intervento, nel post operatorio, non ha nessuna sintomatologia. Per i più giovani è un intervento che non provoca l’eiaculazione retrograda: quindi mantiene la capacità dell’uomo di procreare”. L’embolizzazione è una procedura non chirurgica di radiologia interventistica che consiste nell’occlusione selettiva dei vasi sanguigni con l’induzione di emboli. Con un piccolo foro di due millimetri, all’altezza dell’inguine, s’inserisce un piccolo tubicino all’interno dei vasi, che non potranno più nutrire la ghiandola ingrossata, perché vengono ostruiti. Il meccanismo è semplice: bloccando in quella zona l’afflusso di sangue, si blocca la possibilità che l’organo cresca, proprio perché viene tolto il nutrimento. In altre parole, si chiudono le due arterie prostatiche anteriori. Basta un’anestesia locale con la lidocaina per questo tipo d’intervento. ADENOMA O IPERTROFIA DELLA PROSTATA La ghiandola prostatica può ingrossarsi a causa della crescita del numero delle cellule prostatiche, che vanno a comprimere i tessuti intorno senza infiltrarsi in essi. La prostata è una piccola ghiandola posizionata al di sotto della vescica: ha il compito di produrre liquido seminale e di preservare la vitalità degli spermatozoi. Con l’età quest’organo si può gonfiare dando dei problemi: il 50 per cento dei cinquantenni soffre di adenoma prostatico e l’80 per cento degli ottantenni. Con l’età che avanza, diventa sempre più probabile andare incontro a questo problema. La crescita della prostata avviene in due fasi della vita: la prima è nella fase della pubertà, dove raggiunge dimensioni accettabili. Dopo i 25, invece, comincia una fase di crescita, la seconda, che durerà tutta la vita e che potrà dare più di qualche problema. Crescente incapacità di urinare o crescente bisogno di urinare soprattutto durante la notte e incapacità di trattenere l’urina sono tutti segnali iniziali della patologia che avanza. Con gli anni possono manifestarsi problemi di erezione e del suo mantenimento. All’inizio possono bastare i farmaci alfa-antagonisti, che arrestano l’attivazione del testosterone con conseguente riduzione del volume della ghiandola. La tecnica chirurgica per ridurre il volume della prostata è la più utilizzata fino ad oggi, ma l’invasività dell’intervento porta a delle complicanze spesso molto sgradevoli. Ecco perché, attingendo dall’esperienza degli USA, il chirurgo vascolare Tommaso Lupattelli sta ottenendo buoni risultati con l’embolizzazione. “Le complicanze sono nulle in mani esperte” – assicura il medico. QUANDO RICORRERE ALL’EMBOLIZZAZIONE Quando la qualità della vita è alterata e la terapia medica non sta dando alcun frutto, ci sono solo due strade da percorrere. Se ci si rivolge solo all’urologo, la strada che sarà suggerita è quella di un intervento chirurgico. Se ci si affida al radiologo interventista, invece, ci sono altre possibilità: è l’embolizzazione delle arterie prostatiche, in questo caso, la soluzione che verrà proposta, con un’invasività minima, cioè la possibilità di bloccare quei rami arteriosi che ne hanno prodotto l’ingrossamento. Grazie a piccolissimi tubicini è possibile arrivare nelle più periferiche diramazioni arteriose e iniettare delle particelle grandi come granelli di sabbia. Queste particelle sferiche procurano un blocco arterioso e quindi un’ischemia e la morte di cellule e lobo medio della prostata. Nell’arco di 12 mesi il corpo eliminerà questa porzione necrotica e la prostata avrà dimensioni più ridotte senza un intervento chirurgico invasivo. Quindi, non ci sarà più quell’insopportabile compressione dell’uretra che genera tanti problemi. In pochi giorni si torna alla vita attiva. Gaetano Gorgoni
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