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Il modello turistico salentino non genera crescita

Pubblicato uno studio sui limiti dello sviluppo turistico in provincia di Lecce in cui si tratta il cambiamento strutturale dell’economia salentina negli ultimi decenni e le criticità del settore.

Il turismo non genera crescita. O, meglio, non la genera il modello pugliese e salentino. Giunge a questa conclusione un interessante lavoro di ricerca e di approfondimento condotto da studiosi, docenti universitari ed esperti in materia.

Sei gli autori - Giorgio Colacchio, Guglielmo Forges Davanzati, Gianmarco Igino Scardino, Luigino Sergio, Domenico Suppa e Davide Stasi - che ne hanno dimostrato, con prove inconfutabili e dati alla mano, i limiti dello sviluppo turistico in un paper pubblicato su Economia e Politica, rivista online di critica della politica economica, fondata e diretta dal 2008 da Riccardo Realfonzo.

Nell’articolo dal titolo I limiti dello sviluppo turistico nel Mezzogiorno: il caso della Provincia di Lecce è stato trattato il cambiamento strutturale dell’economia salentina negli ultimi decenni e le criticità del settore turistico. Con riferimento a quest’ultimo aspetto, si è messo in evidenza che il turismo non generi crescita e che è semmai lo sviluppo locale a essere un prius rispetto all’aumento degli afflussi.

Il settore è anche caratterizzato da stagionalità e retribuzioni molto basse. Il passaggio dalla produzione di tabacco alla monocultura dell’olio al turismo conferma, tuttavia, per questa area la scarsa propensione all’accumulazione di capitale e il suo essere zona periferica nell’ambito dello sviluppo capitalistico globale.

Secondo gli ultimi dati elaborati dall’Osservatorio Economico Aforisma, si rileva una significativa crescita del numero di imprese nel settore. Le attività di alloggio e di ristorazione sono quelle la cui numerosità è maggiormente aumentata in provincia di Lecce: da 4.143 (al 31 dicembre 2009) a 5.838 (al 31 maggio 2023), ovvero 1.695 in più, pari ad un incremento del 41 per cento.

Lo studio si propone di dar conto del cambiamento strutturale determinatosi a seguito dell’aumento dei flussi turistici, dimostrare come il turismo si associ a bassa crescita economica, prevalentemente per le sole occupazioni di bassa qualifica.

L’esposizione è organizzata dando conto delle trasformazioni dell’economia dal 2008 a oggi. Ci si sofferma poi sulle tradizioni locali come strumento di attrazione turistica e si fornisce un’analisi della relazione fra turismo e sviluppo locale e, in ultimo, le considerazioni conclusive.

Gli autori dello studio elencano poi le criticità del turismo. In presenza di un marcato processo di deindustrializzazione, la specializzazione nel settore turistico può provocare una diminuzione della domanda di skilled labor (manodopera specializzata). Nel confronto fra la dinamica del valore aggiunto per unità di lavoro fra settori produttivi emerge che la produttività del lavoro nel turismo salentino è sostanzialmente stagnante e che è notevolmente più bassa di quella del settore manifatturiero.

La crescita dell’incidenza di flussi turistici non registrati, nella forma di case e appartamenti non censiti dagli enti di controllo, con il connesso aumento dell’occupazione irregolare, delle attività sommerse e del lavoro nero, ha sicuramente contribuito ad impedire lo sviluppo di un’offerta di servizi a più alto valore aggiunto, contribuendo quindi ad abbassare ulteriormente la produttività del lavoro nel settore turistico.

È stato statisticamente rilevato che gli afflussi turistici in loco costituiscono un afflusso di liquidità di breve periodo e stagionale e creano una forte dipendenza dai mercati esteri o nazionali. Inoltre, espongono Lecce e provincia a una forte concorrenza con altri paesi periferici, con particolare riguardo (negli anni più recenti) a Grecia e Albania. In più, si tratta prevalentemente di un turismo povero.


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