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Campi Salentina, un museo per celebrare i 100 anni di Antonio Guarino

Stasera alle 18:30 l'inaugurazione della mostra che raccoglie molti dei suoi disegni presso la Sala don Pietro Serio e che resterà aperta fino al 14 marzo.

Cento anni da festeggiare con le tantissime persone che lo hanno conosciuto e che gli vogliono bene da sempre. Antonio Guarino, per tutti Tonino, è un faro per tante generazioni, conosciuto e amato anche fuori dai confini provinciali e regionali per il suo lavoro, ingegno e per l’irreprensibilità. E ora la sua città lo festeggia.

La Pro Loco Campi Salentina e la Fabbrica-Museo delle Tabacchine, con il patrocinio del Comune di Campi Salentina, invitano tutti i cittadini a visitare la mostra Tonino Guarino e la sua matita, cent'anni di disegni che sarà inaugurata oggi pomeriggio presso la Sala don Pietro Serio alle ore 18:30.

Per l'occasione saranno presenti: Alfredo Fina, sindaco di Campi Salentina, Nico Pillinini, storico vignettista della Gazzetta del Mezzogiorno, Luigi De Luca, direttore del Polo Bibliomuseale di Lecce, Cosimo Durante, presidente del Gal Terra d'Arneo e Annalisa Bari, scrittrice. Modera: Maria Novella Guarino.

La mostra, che raccoglie molti dei suoi disegni, unici e spettacolari, creati per lavoro o per svago, sarà aperta dall’11 al 14 marzo, domenica mattina e pomeriggio e i pomeriggi di lunedì e martedì dalle 19 alle 20:30.

Avvocato, agricoltore, poi architetto con la passione per il disegno di mobili, complementi d’arredo, passando anche ai manifesti e alle caricature, cultore del bello, Antonio Guarino è soprattutto un uomo innamorato della sua terra, che per tutta la vita si è dedicato al lavoro, alla famiglia, alla sua amata Vita compagna di una vita, 68 anni di matrimonio e 15 di fidanzamento, il tutto con l’umiltà che solo i grandi personaggi sanno fare. E ora che è pronto a spegnere le sue cento candeline, il 9 marzo, si guarda indietro contento di chiudere il bilancio in più che positivo, ricordando gli innumerevoli momenti che lo hanno visto protagonista: dai veglioni, alla politica, agli amori e ai tanti amici che hanno costellato la sua vita. Felice di non aver fatto male a nessuno.

E il museo è l’ultimo atto di generosità, un dono che fa alle generazioni future nel conservare la memoria del tempo che fu e del lavoro che ha riscattato una terra e soprattutto le donne. Il suo gesto è una dedica amorevole verso le tante lavoratrici che con la loro cura hanno confezionato, nel corso degli anni, centinaia di sigari. Sarebbe stato autoreferenziale, e non è nella sua natura, allestire un museo per parlare del tabacchificio creato da suo padre o in generale alla storia del tabacco nel Salento, c’è anche questo, ma Antonio Guarino ha prima di ogni cosa raccolto centinaia di oggetti legati al lavoro femminile con minuzioso impegno rispolverando i vecchi registri, spulciando negli archivi, riuscendo a risalire ai nomi e storie delle protagoniste di quella fase proto industriale che ha interessato l’intero Salento. Prima che tutto cadesse nel dimenticatoio.



Ricorda perfettamente le circa duecento le novizie, le chiama ancora così, impegnate a lavorare il tabacco. Ricorda le loro voci, le chiacchierate e le loro canzoni.

«Non pensavo a un museo – dichiara Guarino - piuttosto mi rincresceva gettare via quelle testimonianze di un passato importante per la donna. I miei familiari mi hanno aiutato a mettere insieme questo piccolo patrimonio culturale e adesso in questi spazi della nostra dimora organizziamo incontri pubblici, riunioni, presentazioni di libri. Vogliamo, infatti, che questa collezione possa servire per suscitare dibattiti, far sorgere discussioni sul valore del lavoro femminile e rammentare quanto sia stata importante quella fase professionale».

E un grande supporto e aiuto lo ha ricevuto dalla figlia Maria Novella, è sua l’idea di rendere pubblico in un museo e di mettere ordine alla mole di documenti e oggetti raccolti. Per onorare un patrimonio inestimabile.



Nel museo si può rivivere l’epopea della raccolta del tabacco che in tutto il Salento ha avuto una storia lunga e importante, soprattutto tutta al femminile. Erano gli Anni ‘20 e ’30 del secolo scorso, quando sui terreni distrutti dalla guerra, si inizia a coltivare il tabacco destinato alla produzione di sigari. Il Demanio affidava alla figura del concessionario i semi delle piante che erano poi distribuiti agli agricoltori, incaricati di occuparsi di tutto il processo dalla piantagione alla raccolta delle foglie. «Quest’ultimo era il compito delle donne, che così si riscattarono – continua Guarino - dalla condizione pesante della coltivazione dei campi. Non erano più costrette a stare al freddo in inverno, senza scarpe, bensì potevano lavorare con le mani al caldo, vestite della propria uniforme. Si occupavano di selezionare le foglie, mettere insieme quelle eguali, scartare quelle macerate. Poi le modellavano pigiandole con la mano contro il ginocchio. Quel lavoro permise di migliorare la loro situazione economica, di avere più libertà nei nuclei familiari».


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