Cronaca Lecce 

Funerali di Daniele De Santis, il vescovo: «Assassino non avrà pace, preghiamo perché si ravveda»

Il funerale di Daniele De Santis si è svolto a mezzogiorno di oggi nella Cattedrale di Lecce dove, per volere della famiglia, non hanno avuto accesso fotografi e telecamere

Il funerale di Daniele De Santis si è svolto  mezzogiorno di oggi nella Cattedrale di Lecce dove, per volere della famiglia di Daniele, non hanno avuto accesso fotografi e telecamere. Gli amici e i parenti del giovane arbitro ucciso hanno atteso il feretro in piazza Duomo salutandolo a distanza, con affetto e tra le lacrime. 

La funzione è stata officiata dall'arcivescovo Michele Seccia che nella sua omelia ha richiamato tutti al dovere della preghiera per Daniele e per il suo assassino, affinché si ravveda e si faccia avanti per rispondere della giustizia terrena prima di quella divina (Qui l'audio dell'omelia).

«Cari fratelli e sorelle, carissimi genitori e amici di Daniele, è difficile in questo momento anche fare la predica, perché comprendo e vedo ciò che avete nel vostro cuore. 

Ma vi esorto ad aprire una parentesi se volete bene a Daniele.

Noi uomini non abbiamo ancora il collante speciale per rimanere attaccati alla vita, abbiamo solo la capacità di rompere, di sconquassare, purtroppo. Ma questa celebrazione, e soprattutto la Parola di Dio che abbiamo ascoltato, ci suggeriscono considerazioni molto belle. 

L’uomo sa quando nasce e non sa quando muore, nessuno di noi lo sa. Ma la nostra vita dipende da come la viviamo, dai valori in cui crediamo, da ciò per cui sentiamo di impegnarci. Anche nello sport, anche nello stare insieme con gli altri, anche nelle relazioni che possono variare ma, se non rispettiamo la dignità della persona umana, immagine e somiglianza di Dio, vince la concorrenza, la competizione che però non deve mai arrivare a gesti del genere. Mai! Gesti che diventano, lo dico davanti al Signore, ancora più disonorevoli per chi li compie se poi non trova in sé il coraggio di abbandonarsi alla giustizia: nessuno può farsi giustizia da solo. 

Ecco perché dobbiamo continuare a pregare per Daniele; perché proprio la violenza di questa morte possa diventare speranza eterna. Perché Dio solo conosce il cuore, non siamo noi a dover giudicare. Ma è la misericordia di Dio che deve contare, è il capire veramente che anche la concorrenza nel gioco come nelle relazioni, se è leale è degna dell’uomo; se non è leale è degna dell’inferno.

Il Signore che ben conoscendoci, dall’alto della croce ha detto una volta per sempre: Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno (Lc 23,34). Se valeva per Gesù, che pure aveva fatto miracoli, aveva predicato, aveva attirato a sé le folle… immaginate per noi. Egli, nonostante fosse il Figlio di Dio, è stato, non solo ucciso ma anche trafitto dopo la morte. lo dico sempre (mostrando la croce pettorale ndr) che questo crocifisso non è un simbolo, ma uno specchio per ciascuno di noi. Non è un soprammobile, non è una medaglia. La croce interpella la vita di ciascuno e mette in crisi la nostra fede. Anche oggi davanti alla salma di Daniele.

Ecco allora la doppia valenza di questa celebrazione. Da una parte: “Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno”, (Lc 23,34) ma dall’altra “Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi” (Mt 11,28). Gesù ci invita così: “Venite a me voi che siete stati emarginati dalla vita, venite a me voi innocenti, voi che siete vittime di vendette che non trovano giustificazione agli occhi di Dio”. Ecco il senso di questa eucarestia che ho voluto presiedere personalmente. Davanti a questi fatti il pastore non si gira dall’altra parte, non guarda altrove. Non sono qui per dare solennità ma perché anche io ho la necessità di comprendere quanto io stesso sia coerente con la Parola che abbiamo ascoltato. La Parola di Dio è lo specchio della condanna e della speranza: essa giudica e promette salvezza.

Possiamo noi far ritornare una vita che è morta? Possiamo noi essere datori di vita? Ecco allora il percorso che nella fede, partendo dal battesimo ci responsabilizza tutti. Oggi questa è la Parola di speranza, è la certezza che” i giusti sono nelle mani di Dio”. Chi di noi vuole morire? Nessuno, ma nello stesso tempo dobbiamo essere pronti. 

Guardate la storia: Caino andava errando dopo aver ucciso Abele, non trovava pace. Nel cuore di ciascun uomo c'è lo spirito di Caino e c'è quello di Abele: dobbiamo dominare il primo. Chiediamo a Dio ravvedimento e coraggio per chi ha commesso questo atroce delitto, ché si consegni, si costituisca. Solo Dio può toccare il cuore di pietra di chi ha compiuto un simile gesto. Anche chi ha commesso questo gesto efferato, come Caino, non troverà pace fin quando non ammetterà la propria responsabilità e non confesserà la propria colpa. Si spenga – il mio è un appello che parte dal cuore - la vigliaccheria di chi non si manifesta. A noi rimane il dovere della preghiera e della speranza: nessuno di noi è padrone della vita. 

Preghiamo perché il Signore ci aiuti a vivere questa esperienza. Non sia chiuso il nostro cuore alla speranza per Daniele e per l’omicida, lo dico con convinzione, perché l’omicida è ancora più disperato di noi, di voi ragazzi, ecco perché preghiamo anche per lui.

L’unica speranza è questa, che il Signore ci dia la forza di attraversare questi momenti così desolanti e così carichi di tensione nella nostra società, nella nostra vita, nella nostra diocesi, non perdiamo la speranza. 

Il Signore ci dia questa capacità perché è l’unico modo con cui possiamo veramente accompagnare Daniele alla presenza di Dio. Amen»

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