Cronaca Squinzano 

L'omelia di mons. Seccia alle esequie del Generale Guido Bellini

Le parole pronunciate dall'arcivescovo di Lecce durante i funerali dell'alto ufficiale dell'Arma dei Carabinieri celebrati oggi a Squinzano.

Qui di seguito l'omelia dell'arcivescovo di Lecce mons. Michele Seccia pronunciata questa mattina a Squinzano durante i funerali del Generale dell'Arma dei Carabinier Guido Bellini, scomparso nelle scorse ore all'età di 84 anni.

''Carissimi fratelli e sorelle, carissime autorità civili e militari, carissimi confratelli vescovi e sacerdoti convenuti qui a Squinzano per rendere onore e omaggio al Generale Guido Bellini e per pregare per la sua anima benedetta, il vangelo che abbiamo appena ascoltato ci invita oggi a riflettere sulla virtù dell’attesa, un atteggiamento che più volte ci verrà presentato dalla Parola di Dio nell’ormai prossimo tempo di Avvento.
Spesso l’attesa è un’esperienza che stanca, che logora, che snerva. Eppure, nel vangelo di oggi, il Signore Gesù non trova metafora più adeguata per descrivere l’atteggiamento che ogni credente è chiamato ad assumere: fare dell’attesa un luogo di purificazione e di conversione. Ce lo ricorda ancora: «Siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito».
In realtà, il vero problema dell’attesa non è la sua lunghezza, ma il modo in cui la viviamo. Ci viene incontro il Salmo 129: «Io spero nel Signore, l’anima mia spera nella sua parola. L’anima mia attende il Signore come le Sentinelle l’aurora».
L’attesa, dunque, diviene esperienza di salvezza solo se essa è colma di sicura speranza. Solo la speranza del sole che sorge, della luce che vince le tenebre, della salvezza che vince ogni disperazione, della risurrezione che vince la morte... solo quella speranza può dare senso alle nostre attese e accresce in noi la fede e il coraggio di abbandonarci nelle mani del nostro Dio e nella sua santa volontà.
Purtroppo, molte volte mal sopportiamo le attese, ci appaiono come perdite di tempo e ci troviamo inutilmente affannati in tante, troppe cose. Se solo ci ricordassimo chi è Dio e chi siamo noi per Lui; quanti segni d’amore, quanti doni inaspettati abbiamo già ricevuto... forse i momenti di attesa potrebbero diventare nostri alleati e non fastidiose parentesi nella spasmodica corsa verso piccoli e, a volte insignificanti, frammenti di felicità.
Mi sembra calzante con la memoria del caro generale Bellini, l’espressione del salmista riguardo alle Sentinelle. Chi è la Sentinella del mattino? E chi è un servitore dello Stato, un uomo delle Istituzioni che ha dedicato tutta la vita ad essere Sentinella, a proteggere una comunità, ad infondere sicurezza a un popolo?
Mi piace pensare al nostro fratello Guido come ad una Sentinella del mattino. Chissà quanti notti insonni avrà trascorso, in attesa dell’alba di un giorno nuovo, durante la sua lunga e gloriosa carriera, specie negli anni in cui è stato chiamato a responsabilità di vertice?
E chi ha potuto scrutare vent’anni fa la profondità del suo dolore di uomo e di militare quel 12 novembre 2003, a Nassirya, quando si ritrovò a tu per tu con il più grave attentato subito dai nostri uomini impegnati nelle missioni di pace nelle aree di crisi?
Scriveva don Tonino Bello a proposito delle Sentinelle del mattino e mi piace ripeterlo a voi stamattina, fratelli e sorelle, ripensando al generale Bellini come ad un uomo di speranza: 'Essere Sentinelle del mattino - scriveva don Tonino - vuol dire essere annunciatori di un mondo nuovo, vuol dire essere profeti della festa, profeti della novità, profeti dell’attesa e della speranza'.
E quanto bisogno di speranza ha oggi l’umanità intera... La scia di sangue e di morte causata dalla guerra toglie il respiro a chi ha il coraggio di guardare con fiducia in un futuro nel quale tornino a regnare la pace e la giustizia tra i popoli.
Ho riletto con piacere ieri sera, un’intervista rilasciata dal Generale alcuni anni fa al settimanale cattolico della nostra diocesi, quando si era già ritirato qui a Squinzano. Con saggia lucidità analizzava il momento storico quando, in Medio Oriente ma anche in Europa, si viveva nella paura seminata dal terrorismo armato dell’Isis. Sono passati otto anni da quell’intervista eppure, scorrendola, sembra di trovarsi nel medesimo scenario in cui viviamo oggi.
Ebbe, in quell’occasione parole di fedeltà - una virtù che non l’ha mai abbandonato nella vita familiare, militare e civile -, di apprezzamento e di compiacimento nei confronti di Papa Francesco e della Chiesa sul ruolo determinante nella lotta al fondamentalismo islamico e nella ricerca di decisive vie di pace: 'La Chiesa - diceva in quell’intervista, il generale Bellini - con la sua esperienza millenaria saprà certamente individuare i modi per dare un contributo importante alla pacificazione degli animi ricercando il giusto dialogo con la parte più illuminata del mondo islamico che subisce le prepotenze ideologiche della componente fondamentalista'.
'Il Papa - disse ancora il Generale rispondendo alle domande dell’Ora del Salento - per fare opera concreta di pacificazione, non ha esitato ad esporsi anche a rischi terribili per la sua incolumità personale, dimostrando la sua ferma convinzione che in fondo gli uomini possono e devono ricercare linee di convivenza e di collaborazione che rappresentino progresso per tutti. Rifuggendo da scorciatoie di tipo violento che non possono fare altro che mettere a rischio la serenità e la tranquillità di tutti'.
Sembra davvero che la storia non sia mai andata avanti eppure, è passato tanto tempo e ci ritroviamo a dover registrare ogni giorno gli appelli di Papa Francesco perché tacciano le armi nella martoriata Ucraina, in Terra Santa e in questa 'terza guerra mondiale a pezzi'.
Dalle parole del Generale emerge ciò che, tutti coloro che lo hanno conosciuto più di me, hanno sempre testimoniato di lui: egli credeva davvero nella forza del dialogo come strumento di pace sociale e di risoluzione dei conflitti per far trionfare la vita e il bene dell’umanità.
Nella lunga carriera - che è praticamente coincisa con la vita di quest’uomo i cui resti mortali sono qui davanti a noi, ai piedi dell’altare -, egli ha sempre agito secondo ideali di lealtà, correttezza, ordine e rigore... coltivando, nella sua lunga e prestigiosa esperienza terrena, la passione per la musica, per i giovani, per la politica e per lo sport. E non si è mai arreso. Nemmeno quando, la perdita dell’amata compagna di una vita e una malattia difficile da accettare, hanno bussato alla sua porta.
Il “Padrone” l’ha trovato in attesa e pronto anche per l’ultimo viaggio. Come una coraggiosa Sentinella che aspetta che si svegli l’aurora per vedere i primi bagliori del sole che sorge e per andare incontro al suo Signore con le braccia aperte e con il cuore carico di speranza.
Maria, prima Sentinella del mattino, asciughi le lacrime di chi l’ha conosciuto e amato - e so che siete davvero in tantissimi - e sia Madre di consolazione per tutti noi.
Amen''.


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