Società 

Parte la campagna NOI contro gli stereotipi sui migranti

il progetto realizzato dal Gus – Gruppo Umana Solidarietà con le immagini del fotoreporter Andrea Gabellone

Si chiama “NOI”,  il progetto realizzato dal Gus – Gruppo Umana Solidarietà “Guido Puletti” Onlus – in occasione della Giornata mondiale del rifugiato, che ricorrerà il 20 giugno prossimo. Si tratta di
una campagna di sensibilizzazione ideata dal fotoreporter Andrea Gabellone e che si svilupperà
per le strade di Lecce e Andrano. Verranno affissi manifesti che raccontano le storie di alcuni
rifugiati ospiti delle strutture di accoglienza del Salento e raccontano, contestualmente, gli
stereotipi e la cultura dell’odio che inquina lo spazio pubblico, a partire dai social network, quando
si parla di migrazioni.

“NOI” – che ha sfruttato anche l’intelligenza artificiale - ha raccolto dalle pagine social di quotidiani locali o di gruppi che fanno riferimento a Lecce e al Salento commenti realmente pubblicati e intrisi di luoghi comuni e messaggi d’odio sulle migrazioni e sull’accoglienza. Commenti che le foto e le storie del progetto “NOI” si incaricano di smontare e restituire al pubblico come riflesso – da qui il titolo – delle nostre paure, delle nostre fragilità, della necessità diffusa di ricostruire l’empatia, abbandonando la piazza reale per misurarsi con la realtà di oggi, partecipando all’integrazione e all’inclusione dei nuovi cittadini italiani.

Alla conferenza stampa di presentazione che si è svolta oggi hanno partecipato Cristina Martella, presidente del GUS, Gruppo Umana Solidarietà; Divina Della Giorgia, coordinatrice progetto SAI del Comune di Lecce e gestito dal Gus e Andrea Gabellone, fotoreporter e ideatore del progetto “NOI”.



Cristina Martella: «Con questo ultimo progetto, il GUS prosegue il suocammino facendo del rispetto delle culture e della laicità nell’aiuto umanitario, la base dei suoi

interventi nella cooperazione internazionale, nelle emergenze umanitarie e nell’accoglienza in

Italia e nel mondo. La nostra associazione è dunque protagonista del sistema di accoglienza ed

integrazione al fianco dei Comuni della rete SAI, con l’obiettivo di migliorare le opportunità di

inclusione sociale dei migranti con un approccio di scambio e dialogo con la comunità ospitante e

favorendo processi di inclusione socio-lavorativa. Il GUS è, dunque, impegnato non solo nel “fare

accoglienza”, ma nel promuovere una cultura dell’accoglienza contrastando fenomeni di

esclusione e marginalizzazione».



Divina Della Giorgia, coordinatrice progetto SAI del Comune di Lecce e gestito dal GUS: «Il

progetto SAI (Sistema Accoglienza e Integrazione) prevede l’accoglienza dei rifugiati politici, dei

richiedenti e dei titolari di protezione internazionale. Ci occupiamo di informare, accompagnare e

orientare all’accoglienza, attraverso la messa a terra di percorsi individuali che consentano a

ciascuna delle persone che arrivano sul nostro territorio un efficace inserimento sociale ed

economico, così da contribuire attivamente alla costruzione di una nuova dimensione di vita. Una

dimensione nella quale ognuno si fa testimone e interprete del suo stare al mondo, nell’idea che il

diritto a esistere sia sempre più forte di qualsiasi impedimento o ingiustizia o sopraffazione. Per

questo, il progetto “NOI” interpreta perfettamente il senso del nostro lavoro e del nostro

intendere l’accoglienza».



Andrea Gabellone, fotoreporter: «L’idea di abbinare i ritratti di queste persone venute da lontano

ai commenti d’odio, reali, raccolti in rete è sembrato il modo più efficace per smontare i

pregiudizi, che spesso affondano le loro radici nell’ignoranza – intesa come non conoscenza – e

nella paura o nel bisogno. Il progetto “NOI” serve a dire che siamo noi i ragazzi e le donne ritratti

nelle foto, siamo noi quelle famiglie che hanno lasciato il proprio Paese d’origine per cercare

fortuna altrove, siamo noi che cerchiamo la felicità. Lo siamo stati appena pochi decenni fa, con i

nostri nonni emigranti e lo siamo ancora oggi: basti pensare ai tantissimi ragazzi che vanno via,

fuori dall’Italia, in cerca di fortuna, ma con un passaporto europeo in tasca, dunque liberi di

costruire il loro futuro. Siamo noi, purtroppo, a commentare senza filtri, con giudizi perentori e ingiustificabile odio. Ma siamo noi e dobbiamo esserlo anche coloro che aprono le braccia, che

accolgono il prossimo, che si prendono cura – com’è il caso del GUS – dedicando la vita e il proprio

lavoro all’integrazione di persone che hanno il diritto di essere tutelate e protette e alla

costruzione di una società più giusta e, dunque, più felice».

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