Salute Sette Lecce Stop alla coca e alle dipendenze con la stimolazione elettrica del cervello La terapia che “resetta alcuni circuiti cerebrali implicati nelle dipendenze” sta prendendo piede nel Salento. A due anni dall’introduzione della nuova terapia, abbiamo incontr... 29/07/2019 a cura della redazione circa 5 minuti La terapia che “resetta alcuni circuiti cerebrali implicati nelle dipendenze” sta prendendo piede nel Salento. A due anni dall’introduzione della nuova terapia, abbiamo incontrato il neurologo Giovanni Caggia del Centro Calabrese di Cavallino per capire quali sono i risultati della stimolazione cerebrale: la commistione con psicoterapia e terapie tradizionali sta dando ottimi risultati. Moderare la pericolosa risposta dell’organismo allo stress, interrompere il dolore, bloccare il desiderio di cocaina, la ludopatia e stoppare gli impulsi cerebrali che scatenano le dipendenze sono obiettivi raggiungibili più efficacemente con le nuove terapie di stimolazione elettrica. La nuova terapia, introdotta anche nel Salento, riesce persino a frenare l’avanzamento delle malattie neurodegenerative. Le mini-scosse al cervello possono avere effetti salvifici: gli studi che ne dimostrano i benefici si affastellano da tempo. La stimolazione elettrica, una tecnica di stimolazione celebrale non invasiva in cui vengono somministrate al paziente, attraverso degli elettrodi che sono posti sulla cute del cranio, delle correnti elettriche di bassissima intensità, sta dando ottime risposte nelle patologie neurodegenerative, ma anche nelle dipendenze da cocaina. Rispetto alla stimolazione magnetica transcranica, che è una tecnica di neurostimolazione, la stimolazione elettrica è una tecnica di neuromodulazione: va a modulare quella che è la normale attività dei neuroni”. La neuromodulazione (tDCS), invece, modula le soglie di risposta neuronale, modificando la permeabilità di membrana. L’utilizzo della tDCS comporta l’applicazione di correnti elettriche deboli (circa 1-2 mA – milliampere) direttamente al cuoio capelluto, attraverso una coppia di elettrodi. Oggi torniamo a parlare delle varie applicazioni e dei risultati raggiunti. INTERVISTA AL NEUROLOGO GIOVANNI CAGGIA Dottore, dopo due anni di pratica delle tecniche di elettrostimolazione, è venuto il momento di tracciare un bilancio. “Il nostro è un bilancio molto positivo. Stiamo utilizzando una metodica assolutamente non invasiva e innovativa. Abbiamo una casistica già rilevante per quanto riguarda le dipendenze, soprattutto per quanto riguarda la cocaina: stiamo trattando decine di pazienti in questo Centro. Abbiamo diversi pazienti con dipendenza da gioco d’azzardo”. Vi siete limitati alle dipendenze? “Assolutamente no. Trattiamo anche tanti pazienti che soffrono di depressione e non hanno ottenuto risultati con il solo utilizzo dei farmaci, oppure tutte quelle persone che vogliono combattere il dolore cronico. Ci siamo aperti a tutte quelle che sono le indicazioni terapeutiche: con la stimolazione elettrica curiamo i malati di Parkinson e tutta una serie di malattie neurodegenerative. Spesso si tratta di una terapia aggiuntiva, che nulla toglie alla terapia tradizionale. La terapia si è rivelata utilissima nel campo delle dipendenze: il 60% dei pazienti che trattiamo si rivolgono a questo centro per problemi di cocaina, ludopatia e dipendenze varie”. Queste mini scosse hanno il compito di bloccare i meccanismi celebrali che procurano il dolore o la dipendenza: è in questo che consiste la nuova terapia? “Il meccanismo cerebrale che scatena le dipendenze e simile sia che si tratti di cocaina, fumo, nuove tecnologie, che di ludopatia o altro. La scienza scoperto che nel caso delle dipendenze si verifica una ipo-attività del lobo frontale di sinistra. Quindi la terapia consiste in una stimolazione di tipo ‘eccitatorio’ sul lobo frontale di sinistra per resettare determinati circuiti cerebrali che sono omologati nelle dipendenze. Nel caso della lotta al dolore abbiamo altri bersagli, colpiamo altre zone del cervello e le stimoliamo con ottimi risultati”. La peculiarità di questa terapia è che il paziente può essere operativo anche durante la stimolazione e tornare subito a casa... “Non è una terapia particolarmente impegnativa: a parte la prima seduta, le altre sedute non durano mai più di 20 minuti o mezz’ora. Subito dopo si può tornare alla propria vita quotidiana e al proprio lavoro”. Quandodev’essere utilizzata la stimolazione elettrica e quando la transcranica? “L’elettrica ha il linea di massima le stesse indicazioni della magnetica. Noi, per scelta nostra, dopo aver studiato tutte le ricerche che sono state fatte in questi campo, abbiamo deciso di riservare la stimolazione elettrica soprattutto per la riabilitazione cognitiva in pazienti con forme di demenza o con declino cognitivo moderato”. C’è un modo innovativo di effettuare la terapia che voi attuate, vero? “Esatto. Noi, e pochi gruppi altri in Italia, durante la seduta di stimolazione elettrica facciamo praticare al paziente degli esercizi di riabilitazione cognitiva. Abbiamo uno psicologo e psicoterapeuta che somministra questi esercizi da fare durante la seduta di stimolazione elettrica. Chiaramente, prima di cominciare le sedute, il paziente viene valutato dal punto di vista neurologico e psichiatrico per capire in quali punti del cervello (e come) agire. Il disturbo della memoria, ad esempio, può colpire varie sfere: c’è la memoria più recente, quella di lavoro e altro. In base a questo studio preventivo agiamo”. Lo studio è sempre personalizzato... “Certo, del resto anche la terapia deve essere personalizzata, basata sulle caratteristiche del soggetto: c’è prima uno studio neuropsicologico. Si lavora in squadra, con lo psicoterapeuta che studia un tipo di terapia adatto a quel paziente, ma anche con tecnici e medici di neuroradiologia. L’uso della stimolazione elettrica e più recente in questo centro, ma possiamo già dire che abbiamo ottenuto risultati soddisfacenti. Nelle malattie che provocano neuro-degenerazione cognitiva l’obiettivo non è quello di guarire ma di bloccare l’evoluzione della patologia. Bisogna capire che non si tratta di terapie risolutive per questo tipo di malattie neurodegenerative, ma si possono avere grandi risultati e miglioramenti nella qualità della vita”. Anche l’uso della cannabis si sta facendo strada, insieme alle nuove terapie, nonostante le tante resistenze... “In questo centro abbiamo cercato di accogliere tutte le innovazioni tecnologiche e mediche che permettono al paziente di fare progressi. Con la cannabis abbiamo ottenuto grandi risultati, nonostante gli enormi pregiudizi che sussistono, anche da parte di alcuni medici. Abbiamo trattato un numero consistente di pazienti con dolore cronico e demenza con cannabis, persino chi aveva problemi di farmacoresistenza. Abbiamo toccato con mano i progressi dei nostri pazienti”. Tra l’altro, le nuove terapie non rinnegano le vecchie, spesso le affiancano, vero? “Ci sono lavori su alcune forme di neoplasie cerebrali molto invasive che dimostrano come l’associazione di terapie tradizionali, come chemio e radioterapie, unite alla cannabis diano un aumento della sopravvivenza di circa il 40 per cento. Stiamo parlando di sopravvivenza aumentata nei casi di neoplasia altamente maligna. Nei pazienti con dipendenze la stimolazione cerebrale unita alla psicoterapia dà risultati insperati”. Gaetano Gorgoni
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