Salute Sette Lecce 

Ansia e sensi di colpa spingono all'autodistruzione: i consigli della psicologa

Alcuni sentimenti possono sopraffare il caregiver, termine che indica le persone che assistono chi è malato, anziani o non autosufficiente come un bambino fino ai 15 anni. I caregiver in Ita...

Alcuni sentimenti possono sopraffare il caregiver, termine che indica le persone che assistono chi è malato, anziani o non autosufficiente come un bambino fino ai 15 anni. I caregiver in Italia sono rappresentati da oltre 10 milioni di genitori che curano i propri piccoli, quasi tre milioni di nonni che si prendono cura di bambini e milioni di persone (coniugi o familiari) che accudiscono anziani, allettati, pazienti non autosufficienti o con disabilità (secondo l’ISTAT sono in totale oltre 15 milioni le persone che svolgono una funzione di assistenza). La salute psicofisica di chi svolge questo delicato ruolo è fondamentale anche per l’assistito. Non c’è una legge che definisca diritti e doveri del caregiver, ma esiste la legge 205/2017 che dà un sostegno finanziario: è stato istituito un fondo per tre anni di 60 milioni di euro. Pochi, ma è comunque un inizio. All’interno di Villa Iris-Fulgenzio di Lecce si è tenuto un incontro in cui si è discusso delle problematiche emotivo affettive del caregiver. Quattro relatrici hanno affrontato la tematica in maniera multidisciplinare: la geriatra Angela Valli (direttore sanitario Villa Iris), le psicologhe e psicoterapeute Annalisa Bello e Francesca Carico e la neurologa Anna Gigli. L’attività di caregiving ha delle ripercussioni psicologiche a volte molto gravi. Gli equilibri familiari vengono colpiti duramente quando chi assiste viene travolto da ansia e sensi di colpa. L’obiettivo dell’incontro che si è svolto ieri è quello di “psicoeducare”: insegnare ad affrontare alcune difficili situazioni psicologiche e preservare il benessere psicofisico del caregiver.  ANSIA E SENSI DI COLPA Molto spesso i familiari del paziente possono ritrovarsi in uno stato di ansia e sensi di colpa: devono affrontare un carico di stress variabile nel tempo. “Più si evolve la malattia del mio caro, maggiore sarà il carico di stress da affrontare - ha spiegato la dottoressa Valli - Tra le manifestazioni del disagio del caregiver ci sono ansia e sensi di colpa. L’ansia è uno stato di preoccupazione e tensione continua, anche legata a quello che sarà il futuro. Uno stato continuo di allerta che produce in chi assiste una tendenza maniacale a tenere tutto sotto controllo fino ad arrivare allo sfinimento fisico e mentale che può produrre il tracollo. Ne risente la qualità del sonno, le abitudini alimentari e i rapporti con le persone. Poi, bisogna fare fronte anche ai sensi di colpa che portano a stigmatizzare ingiustamente la propria figura di padre, madre o figlio. Il caregiver deve districarsi tra impegni lavorativi, familiari e quelli con l’assistito. Spesso si fanno rinunce importanti per i sensi di colpa: “ne risente la vita sociale e familiare”. Tutto questo spinge ad atteggiamenti aberranti che hanno il sapore dell’autopunizione. Non uscire, non partecipare ad eventi o feste perché si assiste chi sta male è uno degli atteggiamenti più comuni. Questi comportamenti possono portare all’autodistruzione del caregiver e, di conseguenza, alla distruzione della persona che ha bisogno di assistenza: chi aiuta un bambino o un paziente deve lavorare anche per la propria serenità”.  LIBERARSI DAI SENSI DI COLPA E DALL’ANSIA: I CONSIGLI DELLA PSICOLOGA E PSICOTERAPEUTA, ANNALISA BELLO Dottoressa, ansia e sensi di colpa sono il problema più diffuso del secolo, soprattutto nel caregiving, vero?  Ansia e sensi di colpa sono delle emozioni che fanno parte della vita. Solitamente siamo portati a inquadrarle come categorie negative. Gli psicologi e psicoterapeuti hanno il compito di educare a gestire queste emozioni per capire qual è il ruolo di queste nella nostra vita. L’alta incidenza di tumori e di malattie neurodegenerative sul nostro territorio porta operatori, ma anche tante famiglie a fare i conti con le cure e l’assistenza. In tante famiglie, anche tra chi ha bambini piccoli, c’è la necessità di sapersi interfacciare con chi è più bisognoso, senza perdere di vista se stessi. Nella relazione di cura si manifestano ansia e sensi di colpa. Anche la madre col proprio piccolo può vivere stati ansiosi continui e sensi di colpa”.  Questo stato può diventare patologico?  “Puòdiventare un grande problema per la qualità delle vite di chi offre assistenza, ma anche di chi la riceve. Percepire un evento importante come potenzialmente minacciato, pericoloso e catastrofico rispetto a ciò che abbiamo a cuore può essere molto stressante. La mente ci tende delle trappole perché il fatto di essere in ansia, avere il batticuore ci spinge a sentire le nostre paure come un fatto acclarato, anche se non si è ancora realizzato. Si arriva a un punto in cui ci si convince che se si è in ansia il pericolo è reale, ma è un ragionamento scorretto”.  Insieme al senso di colpa può maturare un senso di inadeguatezza, perché voremmo fare di più per il nostro familiare, ma non abbiamo né il tempo né le possibilità economiche? “Sicuramente bisogna autovalidarsi l’emozione che si prova normalizzandola. Che vuol dire? Una situazione molto difficile e delicata con un parente da assistere crea delle difficoltà innegabili, ma il fatto di sentirmi in colpa non significa che io sono colpevole realmente”.  Spesso alcuni figli sono costretti ad affidare le loro madri a case di riposo per impossibilità di gestire la situazione (impegni di lavoro e familiari): come si risolve questo senso di colpa?  “Prima di giudicarci come dei figli ingrati, dobbiamo cercare di pensare che le parole che scorrono nella mente non sono la realtà. Noi invece, solitamente, prendiamo la parola e la fondiamo con l’oggetto del pensiero: alla fine ci convinciamo di essere ingrati, anche se sarebbe impossibile curare direttamente il familiare per tutta una serie di motivi che si possono verificare. Bisogna imparare a trattare i pensieri come parole, suoni e non come la realtà per evitare di autodistruggersi con i sensi di colpa, danneggiando anche lo stesso familiare che in uno stato di prostrazione non saremmo più capaci di aiutare almeno economicamente. Dobbiamo defondere la parola dall’oggetto della parola”.  I nostri pensieri e le nostre emozioni negative possono sovrastarci e farci soccombere, vero? “Dobbiamo imparare a gestire le nostre emozioni e non dar peso a certi pensieri con cui ci accusiamo altrimenti perderemmo noi stessi”.  Si può fare sempre da soli? “Dipende, quando i pensieri diventano disfunzionali al punto da immobilizzarti nell’azione e compromettere la qualità della vita è meglio rivolgersi a uno psicologo. Ansia e sensi di colpa sono emozioni di cui madre natura ci ha equipaggiato: sono utili in alcuni casi, ma il problema è quando diventano stati patologici, quando vengono esacerbate”.  

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