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Riconciliazione terapeutica, la medicina di precisione che salva dagli effetti tossici delle medicine

Oggi abbiamo incontrato il professore Maurizio Simmaco, ordinario di Biologia Molecolare all’Università «La Sapienza» per farci raccontare le nuove frontiere e gli obiettivi ...

Oggi abbiamo incontrato il professore Maurizio Simmaco, ordinario di Biologia Molecolare all’Università «La Sapienza» per farci raccontare le nuove frontiere e gli obiettivi della medicina personalizzata, il nuovo approccio terapeutico che sta rivoluzionando la sanità italiana. Continuiamo con i nostri approfondimenti sulla medicina di precisione: un approccio terapeutico che ha già cambiato l’oncologia e che è destinato a cambiare in meglio il nostro sistema sanitario. Abbiamo intervistato le personalità di spicco a livello nazionale che stanno facendo avanzare la medicina personalizzata: oggi abbiamo ascoltato uno degli esponenti più autorevoli, il professore Maurizio Simmaco. Milioni d’italiani prendono più di un farmaco al giorno, soprattutto la popolazione più anziana e i pazienti oncologici: il rischio di pericolose interazioni è concreto. Ecco perché esiste un progetto che punta a ottenere la carta d’identità terapeutica del paziente: si studiano i geni, la composizione del microbiota e tutte le informazioni utili sul metabolismo di un determinato paziente per calibrare le dosi dei farmaci e capire se alcune interazioni possono essere nocive o meno. In altre parole, la dose di farmaco che può andare bene per qualcuno può non essere adatta su un altro organismo, inoltre, se l’interazione di alcuni farmaci risulta troppo tossica, si cercheranno soluzioni diverse che siano capaci di non inficiare l’obiettivo terapeutico. La medicina personalizzata è la grande occasione per rendere le cure più efficaci, come abbiamo detto più volte. La terapia viene cucita su ogni paziente e questo significa rispettare l’unicità e le esigenze di ognuno. Oggi si può ricostruire l’iter metabolico di ogni farmaco. I laboratori di biochimica, genetica e anatomia patologica diventano luoghi di supporto alla diagnosi e alla condivisione di un indirizzo terapeutico dinamico e personalizzato. INTERVISTA AL PROFESSOR MAURIZZIO SIMMACO, ORDINARIO DI BIOLOGIA MOLECOLARE ALLA SAPIENZA, SPECIALIZZATO IN FARMACOGENETICA E TERAPIE DI PRECISIONE. Professore, oggi siamo in grado di ottenere una carta d’identità dei geni per adattare le terapie, vero? «Noi parliamo d’informazioni, evinte da analisi di biologia molecolare, dei geni volte a descrivere una biochimica funzionale. Quando noi realizziamo un profilo, utilizziamo strategie di analisi genica per sequenze. È come costruire un documento di riconoscimento che oltre alle possibili interazioni terapeutiche tenga conto delle caratteristiche individuali del paziente anche nella loro evoluzione clinica». Si è partiti dall’oncologia, oggi questo nuovo approccio è possibile utilizzarlo in tutti gli altri settori della medicina? «Sì, si può utilizzare per gran parte della medicina per caratterizzare meglio il profilo del paziente in modo tale da sapere quali sono le peculiarità e qual è il livello di patologia. Per capire come si evolve e quale può essere l’intervento terapeutico più incisivo. Noi possiamo avere informazioni su quella che è la capacità metabolica del paziente e, quindi, capire quali sono i farmaci più adatti al suo modo di metabolizzarli. Oltre a conoscere il paziente è necessario capire com’è fatto il suo corpo». Il sistema sanitario italiano è pronto per questa rivoluzione? «I Livelli Essenziali di Assistenza contengono codici capaci di essere utilizzati per gli esami approfonditi della medicina di precisione. Il Sistema Nazionale Sanitario è meno pronto, perché, naturalmente, le valutazioni su questo tipo di prestazioni sono un po’ antiquate. Sarebbe opportuno aggiornare i prezzi in basso, un po’ come i telefonini, non verso l’alto. Paradossalmente noi non possiamo permetterci alcune prestazioni perché i costi sono troppo elevati rispetto al reale costo della prestazione stessa. Ovviamente questo vale per le prestazioni effettuate in centri altamente specializzati. Oggi siamo pronti per adeguare i prezzi e per rendere possibile a tutti un approfondimento sul funzionamento del proprio organismo con le tecnologie più moderne». C’è omogeneità tra nord e sud? Il Meridione ha un numero sufficiente di centri specializzati in medicina di precisione? «Abbiamo una specie di macchia di leopardo per quanto riguarda i grandi centri specializzati: c’è n’è uno a Napoli. Si sono fatti molti passi avanti nell’oncologia, ma non abbiamo un vero censimento delle competenze e non abbiamo una rete di comunicazione tra i centri capaci di erogare queste competenze». Abbiamo la necessità che ogni ospedale si specializzi sulla medicina di precisione? «Bastano pochi centri attrezzati per ogni regione per garantire il servizio: quello che deve essere costruito negli ospedali è la cultura d’accesso a questo nuovo approccio. In altre parole, ogni ospedale dovrebbe garantire la possibilità di utilizzare questo tipo di diagnostica collegandosi a un centro di medicina personalizzata regionale (eseguendo materialmente gli esami necessari in un altro centro). Ma poi l’elaborazione informatica, il referto e altro dovrebbero essere disponibili in tutti gli ospedali. Per far questo, però, è necessario far crescere il livello di competenze di tutti i medici per quanto riguarda la medicina personalizzata. Questa ondata di pensionamenti che si sta registrando nella sanità potrebbe aprire le porte a una nuova generazione di medici più pronti ad acquisire le nuove tecniche della medicina di precisione». Come si procede con un paziente oncologico in un Centro di Medicina di precisione? «L’oncologo ha già una strategia terapeutica, quindi, la domanda che pone è duplice: da una parte se tutti i farmaci previsti dalla terapia sono compatibili con il sistema metabolico del paziente, al fine di prevedere quale sarebbe il livello di tossicità e, contemporaneamente, capire se le terapie complementari siano compatibili con quelle oncologiche e con il sistema metabolico del paziente. Infine, l’oncologo scrupoloso, se c’è un paziente che ha altre terapie in atto (per ansia, depressione o altro), cerca di mantenere queste terapie rendendole compatibili con la terapia oncologica, senza essere inficiate nel loro funzionamento. L’oncologo ci chiede un’integrazione di tutte queste terapie adattata all’organismo di quel particolare paziente. Se siamo di fronte a un paziente ‘politrattato’, quello che ci chiede è se tutti i farmaci che prende siano compatibili l’uno con l’altro e se siano compatibili col suo sistema metabolico: queste sono risposte che la sanità dovrebbe essere sempre in grado di dare agevolmente puntando sulla medicina di precisione. Questo discorso permette di modulare i farmaci in modo da rendere capaci di funzionare meglio tutte le terapie». In questo modo si può adattare la terapia sulla base del singolo organismo, evitando di utilizzare terapie inefficaci su determinati organismi: il tutto si traduce in risparmio di tempo, energie e denaro. Lo state spiegando da un po’ di tempo anche con degli incontri in Parlamento… «Stiamo ribadendo quella che oggi viene chiamata ‘riconciliazione terapeutica’: cioè, a fronte di tanti farmaci da prendere in maniera cronica, noi vogliamo due cose: la sicurezza che ogni farmaco funzioni al meglio, evitando la non funzione e la cattiva funzione (eventi tossici anche lievi, che purtroppo possono essere molto dannosi), sia evitando che il paziente, in seguito ad alcuni fastidi, dismetta la terapia. È possibile individuare cocktail di farmaci che soddisfino tutte le esigenze cliniche, che siano compatibili tra di loro. Questo processo si chiama riconciliazione terapeutica e si fa attraverso gli strumenti della medicina personalizzata». Gaetano Gorgoni  

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