Curiosità Casarano Castro Copertino Galatina Gallipoli Lecce Il "sosia" del pinguino? Viveva sulle coste salentine. Ecco dove Un articolo sul National Geographic di maggio riapre la discussione sull’Alca impenne. Un pinguino sulle coste del Salento? Lo scrive il National Geographic, nel numero di maggio dedica... 05/05/2016 a cura della redazione circa 1 minuto Un articolo sul National Geographic di maggio riapre la discussione sull’Alca impenne. Un pinguino sulle coste del Salento? Lo scrive il National Geographic, nel numero di maggio dedicato alla varietà di uccelli preistorici i cui calchi fanno bella mostra nel museo paleontologico “Decio De Lorentiis” di Maglie. L’articolo firmato dalle giornaliste scientifiche Lisa Signorile e Anna Rita Longo ricostruisce la storia dell’animale che nel Salento era di casa. “Non si trattava infatti di pinguini -spiegano le due autrici- ma del loro corrispettivo boreale, l’alca impenne (Pinguinus impennis), parente delle urie e delle gazze marine. Le coste pugliesi del Paleolitico erano colonizzate anche da molti altri animali che oggi prediligono la taiga o zone oceaniche temperate o fredde. Tra 15 e 10 mila anni fa, l’ultimo periodo della Glaciazione di Würm aveva portato venti gelidi e clima arido nel Sud Italia, rendendolo poco ospitale per gli esseri umani”. Gli unici resti delll’alca impenne furono ritrovati dentro la Grotta Romanelli e nel museo magliese si trova il calco dei due ossi di uccello ritrovati nella grotta (omero e ulna. “In questo clima subartico -continuano le due autrici- la vita dei nostri progenitori non doveva essere facile, ma l’Homo sapiens aveva portato con sé dall’Africa la tecnologia e le capacità necessarie a sopravvivere. Due reperti risalenti a 11-9.000 anni fa ci raccontano della vita quotidiana di questi cacciatori-raccoglitori. Si tratta di zagaglie in osso, punte di un’arma tra lancia e giavellotto”. Dopo 40 anni i lavori nella grotta riprenderanno: gli scavi sono guidati da Raffaele Sardella e Massimo Massussi, dell’Università La Sapienza di Roma, che si serviranno di tecniche come laser scanner e TAC per lo studio dei fossili. “L’età dei depositi è una delle questioni che vorremmo definire in tempi brevi, si spera entro il 2016 -spiega Sardella- Il quadro stratigrafico suggerisce la presenza di forme umane differenti: Homo neanderthalensis (se non una forma ancor più antica) e Homo sapiens”. Forse, concludono le autrici dell’articolo, sarà l’occasione per sapere qualcosa in più anche sullo sfortunato “pinguino” salentino e sui suoi nemici umani.
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