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Gluten sensitivity, le differenze con la celiachia e il trattamento

Celiachia e disordini correlati al glutine: intervista al professor Mauro Minelli. Ieri ci siamo concentrati sulla malattia della celiachia e abbiamo imparato che bisogna distinguerla dall’al...

Celiachia e disordini correlati al glutine: intervista al professor Mauro Minelli. Ieri ci siamo concentrati sulla malattia della celiachia e abbiamo imparato che bisogna distinguerla dall’allergia al glutine e dalla sensibilità al glutine, grazie ai chiarimenti del professor Mauro Minelli. Oggi ci soffermiamo sul problema dei disordini correlati al glutine. La ricerca scientifica ha fatto molti passi in avanti nello studio della condizione morbosa definita “gluten sensivity”. La sensibilità al glutine si manifesta tutte le volte che ingeriamo questa sostanza proteica: meteorismo, dolori addominali, diarrea o stipsi, sonnolenza, difficoltà di concentrazione, annebbiamento mentale, cefalea, artromialgie, parestesie degli arti, rash cutranei tipo eczema, anemia e stanchezza cronica sono alcuni dei problemi che possono avere i soggetti affetti da questo disordine. I sintomi sono molto simili a quelli dell’allergia al grano e della celiachia. La diagnosi è difficile e si parte escludendo allergia e celiachia. Ma attenzione a non fare i “guaritori solitari”: la diagnosi deve farla sempre un medico specialista, meglio ancora se ci si rivolge a uno studio con più specialisti che lavorano in squadra. Oggi, per sapere tutto sulla gluten sensivity, abbiamo intervistato il professore Mauro Minelli, medico specialista in allergologia e immunologia clinica. Professore, cos'è esattamente la gluten sensitivity e in cosa si differenzia dalla celiachia? “Tra i disordini correlati al glutine, la 'Non-Celiac Gluten Sensitivity' (NCGS) ha suscitato e continua a suscitare interesse in diversi ricercatori. Dal punto di vista clinico essa si presenta con un corredo sintomatologico sovrapponibile ad altre malattie più note, quali la Sindrome del colon irritabile (IBS), la Malattia Celiaca (CD), l’intolleranza al lattosio, in assenza di significative alterazioni strutturali della mucosa intestinale. Al limite, all’esame istologico eseguito su biopsia duodenale è possibile evidenziare, pur in un contesto morfologico sostanzialmente regolare, un incremento numerico di linfociti intraepiteliali (IEL). Per quel che riguarda le differenze tra le due patologie, le conoscenze attuali consentono di stabilire che la NCGS e la celiachia sono due entità distinte per patogenesi e, sembrerebbe, anche per geni coinvolti. Le mucose intestinali nei pazienti con NCGS sono normali e non mostrano i danni tipici della celiachia anche se l’intestino è infiammato. Una delle differenze sostanziali che ha trovato maggior credito sulla base degli studi finora effettuati risiede nel fatto che, mentre nella celiachia vi è una predominanza del contingente dell’immunità adattativa (cioè di quell’immunità più evoluta che permette all’organismo di organizzarsi in maniera specifica producendo anticorpi mirati per eliminare una molecola nemica), la NCGS si caratterizzi per una prevalente attivazione dell’immunità innata (cioè quella filogeneticamente più antica, più ancestrale, di cui siamo dotati dalla nascita, che organizza le difese meno raffinate). E in favore di questa ipotesi sono state prodotte diverse evidenze. D’altro canto, nella NCGS la reazione al glutine è immediata, poche ore, al massimo giorni tra l’introduzione delle sostanze sensibilizzanti e l’insorgenza dei sintomi. Nella celiachia, invece, i danni possono manifestarsi dopo mesi o addirittura anni. Anche se per alcuni aspetti è possibile verificare una sovrapposizione fra le due condizioni, in particolare per quel che riguarda l’infiammazione della mucosa intestinale [con reclutamento di granulociti neutrofili e l’attivazione di una risposta del sistema immunitario verso la gliadina (con elevata prevalenza di anticorpi verso la gliadina nativa in entrambe le situazioni)], vi è comunque una definita linea di separazione sostanziata dalla differente funzione della barriera epiteliale in qualche modo legata all’attivazione della transglutaminasi tissutale con severo danno della mucosa intestinale, presente nella celiachia e invece assente nella NCGS. Quante sono attualmente in Italia le persone colpite da gluten sensitivity? “La NCGS è condizione patologica estremamente frequente nella popolazione generale e, sulla base degli studi finora pubblicati, sembra essere almeno 6 volte più frequente della celiachia. In pratica si può affermare con buona approssimazione che, se il numero di celiaci stimati in Italia si aggira intorno alle 500.000 unità (oramai 1 ogni 100/150 persone – prima era 1 ogni 1000/2000 persone), i pazienti con Gluten Sensitivity sono almeno 3 milioni.  La Gluten Sensitivity si manifesta dall’età adolescenziale all’età adulta, mentre è piuttosto rara in età pediatrica”. Quale sintomatologia è associata a questa condizione? “I primi report suggestivi di NCGS sono stati descritti in soggetti con familiarità positiva per celiachia, i quali, nonostante un profilo sintomatologico per molti versi affine pure riconducibile ad un’anomala risposta al glutine, di fatto non mostravano alcuna caratteristica istologica e/o sierologica tipica della CD. Il complesso quadro clinico è certamente caratterizzato da disturbi gastrointestinali (meteorismo, dolori addominali, irregolarità dell’alvo), ma anche da sintomi sistemici (astenia marcata e tendenziale sonnolenza con facile stancabilità, annebbiamento della memoria e turbe della concentrazione, mancanza di lucidità, cefalea, depressione, dolori articolari e muscolari con manifestazioni parestesiche (formicolio e “intorpidimento”) degli arti, rash cutanei, stati anemici ferro-carenziali)”. La diagnosi non è facile, visti i sintomi comuni ad altre patologie, vero? “Non è facile riconoscere i pazienti con NCGS dal momento che, differentemente dalla M.C., ancora oggi non sono disponibili marcatori diagnostici specifici e, comunque, affidabili. Gli sforzi dei ricercatori sono in concreto finalizzati alla caratterizzazione clinica e molecolare di questa malattia, al fine di migliorarne la diagnosi e prevenire potenziali complicanze di varia tipologia ed entità. Quindi, il vero problema per questa nuova patologia è che, ancora oggi, essa poggia su una DIAGNOSI DI ESCLUSIONE: nel senso che molto spesso si può solo dedurre che un soggetto è sensibile al glutine quando sta male ogni volta che lo ingerisce, senza essere documentatamente celiaco e nemmeno allergico (entità, queste ultime, per le quali è possibile eseguire, invece, diagnosi di certezza)”. Che tipo di analisi dobbiamo fare per sapere se siamo sensibili al glutine? “Attualmente l’unica metodica che consente di confermare il sospetto diagnostico di non-coeliac gluten sensitivity non è il dosaggio degli anticorpi anti-gliadina, né il dosaggio delle IgE specifiche per il grano, né tantomeno l’eliminazione aprioristica e, semmai, miracolistica del glutine dalla dieta, ma solo ed esclusivamente il challenge orale in doppio cieco con glutine controllato verso placebo, ovvero una prova da eseguire in ambiente protetto consistente nella somministrazione alternata del glutine o di un placebo, senza che né il medico né il paziente conoscano la sequenza della somministrazione. L’uso del placebo (= sostanza inerte che non produce reazioni di alcun tipo) consente di selezionare i sintomi e di documentarli in modo oggettivo”. C’è chi per sicurezza, a prescindere, decide di evitare il glutine: una dieta di questo tipo danneggia l’organismo? “Occorre, intanto, ribadire che il glutine è una proteina dal valore nutrizionale piuttosto modesto e la sua unica virtù è quella di conferire elasticità all’impasto preparato con la farina di grano. E’ un po’ la colla del frumento, e questa sua caratteristica, oltretutto, ne rallenta la digestione! Ne consegue che l’eliminazione del glutine dalla dieta non priva il celiaco, né chiunque altro, di una proteina importante o indispensabile dal punto di vista nutrizionale. D’altro canto, la sua caratteristica collosità rende un alimento con glutine meno digeribile dal momento che il nostro stomaco, durante la sua digestione, impiega molto più tempo a svuotarsi (circa un’ora in più) rispetto a quando deve digerire, invece, un alimento che non lo contiene”. “Siamo TUTTI intolleranti al glutine, chi più e chi meno, sempre meglio NON abusare di latticini e glutine”. Come si può commentare questa affermazione? “Come inutilmente generalista e, pertanto priva di senso e anche di rispetto verso chi queste forme studia con passione e con dedizione applicata da molti anni. Non si capisce perché aprioristicamente si debba evitare l’assunzione libera glutine se è documentato, attraverso indagini seriamente impostate, che il soggetto non è sensibile al glutine. Naturalmente la documentazione deve transitare attraverso indagini validate e approvate dalla comunità scientifica, con evidente rigorosa esclusione di vega - test, biorisonanze, DRIA test, test citotossici o bioenergetici, analisi del capello, mineralogrammi, iridologia o altre analoghe pratiche non riproducibili e, dunque, prive di qualunque fondatezza scientifica. La gluten sensitivity solo un pretesto per vendere più prodotti gluten-FREE ....Cosa ne pensa? “Certamente fino a circa dieci anni fa la malattia celiaca era considerata la sola forma di reazione al glutine, più che altro confinata in Europa. In soli 10 anni una serie di conoscenze sempre nuove hanno acceso i riflettori sulle patologie correlate al glutine in tutto il mondo. D’altro canto il numero di persone che hanno deciso di avviare una dieta priva di glutine sembra essere molto più alto del numero teorico calcolato sulla base di dati epidemiologici relativi a soggetti potenzialmente affetti da celiachia, generando indubbiamente un mercato globale di prodotti senza glutine che ha raggiunto, nel 2010, un fatturato complessivo di 2,5 miliardi di dollari. Tuttavia, io penso che questo trend sia in grandissima parte supportato dal concetto che, oltre alla celiachia, sono emerse altre condizioni cliniche scatenate dall’ingestione del glutine. Da qui la necessità di considerare nel loro insieme le forme principali di reazione al glutine, certamente quella autoimmunitaria (malattia celiaca) ma anche quella allergica, oltre alla ‘gluten sensitivityì, nell’intento di promuovere un nuovo dimensionamento dell’impatto clinico, ma anche sociale e culturale di regimi dietetici opportunamente controllati”. Come mai le patologie correlate al glutine sembrano essere in costante aumento? “Partiamo col dire che la presenza del glutine nel frumento si è amplificata nel corso dei millenni, in parte per ibridazioni spontanee, in parte artificialmente per incroci botanici ripetuti dall’uomo fino a ottenere la spiga che tutti conosciamo. Teniamo presente che la specie umana, in realtà, è nata senza glutine in quanto l’uomo, diversi millenni or sono, quando si trasformò da cacciatore in agricoltore, cominciò ad utilizzare nella sua alimentazione i cereali spontanei, quali il riso, il mais e il miglio mentre quel poco di grano che trovava conteneva pochissimo glutine, le sue spighe erano più ‘povere’ di chicchi e ‘rendevano poco’. Di qui la necessità, da parte dell’uomo agricoltore, di ottenere una varietà di grano sempre più ricca di chicchi, quindi di glutine, che conferisse all’impasto maggiore capacità adesiva, fino al ‘mostro’ genetico dei giorni nostri: la moderna ‘spiga poliploide’ che contiene nel suo genoma migliaia di geni, oltre a tanto, tantissimo glutine nei suoi chicchi innumerevoli e tenacemente coesi. Si tratta, tra l’altro, di grani iperconcimati. Sicché la nuova sensibilità potrebbe essere determinata dalla sempre maggiore rarità dei grani gentili, adatti a tutti”. C'è un legame tra gluten sensitivity e ferritina? “Direi di sì. Considerando che il ferro, una volta ingerito diventa sideremia (ferro circolante nel sangue) e che, oltre certi valori, si va a immagazzinare nella ferritina sierica (nel sangue ) e poi in quella dei tessuti, il valore di ferritina indica sostanzialmente le scorte di ferro. Una ferritina bassa, non infrequente nei pazienti con NCGS, al pari di un deficit anche importante di Vitamina D con conseguente tendenziale osteopenia, sta a significare una carenza cronica di ferro che, laddove non giustificata da perdite occulte di sangue, può costituire la logica conseguenza di alterati processi assorbitivi, frutto di quell’infiammazione intestinale già più volte richiamata nella descrizione della NCGS e, a sua volta, responsabile di sintomi correlati al quadro come, ad esempio, la copiosa perdita di capelli o la fragilità degli annessi cutanei (unghia che si sfaldano facilmente; denti fragili e con alterazioni dello smalto; ecc.)”. Se si sospetta di avere la gluten sensitivity, il glutine va completamente abolito o semplicemente ridotto? “La soglia di tolleranza al glutine è individuale. In altre parole una persona può avere problemi fisici inquadrabili nella NCGS mangiando mezzo panino o un solo boccone di pasta. Altre invece possono consumare alimenti contenenti glutine in quantità decisamente più abbondanti. La sensibilità può aumentare nel corso della vita o scomparire naturalmente senza lasciare danni, a differenza di quanto accade nella celiachia. Quindi niente regole fisse!”. Si possono fornire delle Linee Guida alimentari e comportamentali? “Un concetto basilare che mi preme subito sottolineare è che la celiachia o la NCGS devono essere considerate una condizione e non una malattia, in quanto per la loro risoluzione non è necessario assumere farmaci ma bisogna attenersi ad una dieta controllata per il glutine (nel caso della celiachia: per tutta la durata della vita). Altro concetto fondamentale è che la dieta senza glutine non è una “dieta per malati” né un modello da “poco cibo” ma, molto più semplicemente, un regime alimentare diverso da quello a cui siamo abituati nel nostro paese in generale e nelle regioni meridionali più in particolare”. C'è un aiuto da parte della ASL nell'acquisto dei prodotti senza glutine, per chi ha la gluten sensitivity? “Non ci sono supporti da parte delle ASL per quel che attiene a buoni per l’acquisto agevolato di prodotti deglutinati da parte dei pazienti affetti da NCGS. E questa non può non essere considerata come una chiara incongruenza legata a più aspetti. Innanzitutto ai numeri che abbiamo già dato e che non possono più essere ignorati. D’altro canto, nonostante il mercato appaia oggi quanto mai aperto in materia di cibi senza glutine, reperibili oltre che in farmacia anche in punti vendita specializzati e nella grande distribuzione, il prezzo resta non sempre accessibile a chi, come i soggetti con Non Coeliac Gluten Sensitivity, non possano farne a meno. Un pacco di lasagne costa 16 euro. Un semplice pacco di farina oltre 4 euro. La difficoltà cresce specie quando in una famiglia a basso reddito è presente un bambino che, affetto da sensibilità al glutine, ha bisogno più di un adulto di alimenti indispensabili per la sua crescita. Una situazione che può diventare un grosso peso all’interno di una famiglia”.  

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