Cronaca Gallipoli Discoteche e lidi nel mirino della mafia, 15 arresti Estorsioni, atti intimidatori e minacce al sindaco di Gallipoli. Stroncati gli affari del clan Padovano e del clan Tornese che avevano ottenuto il monopolio della security nelle discoteche e nei lidi ... 17/07/2014 a cura della redazione circa 4 minuti Estorsioni, atti intimidatori e minacce al sindaco di Gallipoli. Stroncati gli affari del clan Padovano e del clan Tornese che avevano ottenuto il monopolio della security nelle discoteche e nei lidi di Baia Verde. Intimidazioni “silenziose” e un clima di paura strisciante e diffusa che rendeva l’obbedienza al clan quasi un atto dovuto. Un settore, quello del turismo del divertimento legato a Gallipoli, pesantemente condizionato dalla mafia che controllava il business della sicurezza nei lidi e nelle discoteche, gestiva parte dello spaccio e aveva allungato le mani anche sulla gestione dei parcheggi non disdegnando le minacce allo stesso sindaco di Gallipoli pur di ottenere le autorizzazioni necessarie. Questo è il quadro che emerge dall’operazione “Baia Verde” che ha portato all’arresto di quindici persone ritenute esponenti di rilievo del Clan Padovano federato alla frangia salentina della Scu e ad altri gruppi mafiosi della provincia di Lecce. L’operazione, conclusasi questa mattina all’alba, è stata portata avanti dai carabinieri del Ros e del comando provinciale di Lecce in collaborazione con i militari della Compagnia di Gallipoli con il coordinamento dalla Dda di Lecce. Gli arrestati sono accusati di associazione mafiosa, spaccio ed estorsione con l’aggravante delle modalità e finalità mafiose. Rispondono dei reati ex art.416 bis: Angelo Padovano, 25enne gallipolino figlio dello storico boss Salvatore Padovano, “nino bomba” ucciso nel 2008; Roberto Parlangeli di 37anni residente a Carmiano, cognato di Angelo Padovano e il fratello Giovanni Parlangeli di 33 residente a Lecce, ritenuti organici al Clan Tornese di Monteroni federato alla frangia leccese della Scu; Gabriele Cardellini, 29enne di Gallipoli; Amerigo Liaci, 33enne anche lui gallipolino; Fabio Pellegrino, 29enne di Galatone e Luca Tomasi di 43 anni di Carpignano salentino. Gli ultimi due sono i titolari delle due agenzie di sicurezza ritenute dagli inquirenti “organiche” al disegno mafioso del clan. Del reato di estorsione sono accusati Carmelo Natali, 40enne di Gallipoli, Gabriele Pellè, 37enne di Lecce¸Luciano Gallo 46enne di Martano e Rosario Oltremarini, 46enne di Gallipoli. Gli altri arrestati sono Alessio Fortunato 31enne residente a Squinzano, Fabio Negro 29enne di Gallipoli, Sergio Palazzo 34enne di Lecce e Giovanni Rizzo, 46enne di Taviano. Tutti rispondono di spaccio di sostanze stupefacenti. L’organizzazione criminale, ha spiegato Antonio De Donno, pm titolare dell’indagine, aveva raccolto l’eredità storica della mafia gallipolina, rappresentata simbolicamente e fattivamente da Angelo Padovano, figlio del boss ucciso, ed era in piena ascesa. L’input che ha fatto scattare le indagini e ha consentito ai carabinieri di porre fine al dominio del clan sulla Baia Verde è stata la violenta rapina alla discoteca Praja nell’estate del 2011: si trattò, secondo gli inquirenti, di un atto finalizzato soprattutto a mettere in cattiva luce l’agenzia di security che si occupava del locale gestita da Luca De Giorgi, referente gallipolino di un’agenzia napoletana. Il fine era quello di spazzare via la concorrenza e gestire gli affari attraverso agenzie di sicurezza vicine al clan. Per ottenere tale scopo gli affiliati al clan Padovano, con l’appoggio sostanziale del clan Tornese, hanno minacciato pesantemente De Giorgi arrivando a sparare dei colpi di pistola sull’abitazione dei genitori, e hanno agito subdolamente sui gestori di lidi e discoteche facendo sentire la loro presenza, creando un clima di paura ma senza arrivare a degli atti intimidatori veri e propri. Il risultato è che nessuno degli operatori economici della zona ha più rinnovato l’incarico a De Giorgi per paura di ritorsioni e il clan ha facilmente imposto le agenzie “affiliate”: prima quella facente capo a Fabio Pellegrino poi accantonata per problemi burocratici legati alla licenza; poi quella di Luca Tomasi, legato al clan gestito dai fratelli Tornese di Monteroni. Gli interessi del clan non si limitavano al settore sicurezza ma spaziavano anche a quello della droga e della gestione dei parcheggi. A questo proposito era stata creata la cooperativa ad hoc “Lu rusciu te lu mare”, gestita da Roberto Parlangeli ma di fatto associata ad un prestanome, Amerigo Liaci. In questo caso per mettere le mani sull’affare parcheggi, Parlangeli è arrivato a minacciare il sindaco di Gallipoli, responsabile dei ritardi nel concedere le autorizzazioni. Pressioni senz’ alcun esito: il sindaco non ha ceduto e grazie all’intervento dei carabinieri è intervenuta la Prefettura che ha emanato un’interdittiva. Dalle indagini è emerso che Parlangeli aveva svolto attività estortiva anche nei confronti di un imprenditore del settore movimento terra dal quale pretendeva l’incarico per dei piccoli lavori edili. E non si limitava alla sola area di Gallipoli: l’ultimo episodio estorsivo appurato dai carabinieri nei confronti di un imprenditore di Lecce risale a qualche giorno fa. L’operazione “Baia verde” ha confermato degli elementi di novità” hanno spiegato in conferenza stampa il pm Antonio De Donno e il procuratore capo Cataldo Motta “la criminalità organizzata non si limita a taglieggiare gli imprenditori balneari ma estromette dal campo gli imprenditori sgraditi e a sostituirli in maniera silenziosa imponendo i propri uomini. Proprio il silenzioso e meccanico adeguamento degli imprenditori balneari ai dettami del clan Padovano costituisce l’elemento preoccupante dell’intera vicenda”.
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