Cronaca Santa Cesarea 

Santa Cesarea, gazebo e lavori vietati: «Oscurano Villa Sticchi». Ma il Tar boccia la Soprintendenza

Un decreto del gennaio dello scorso anno imponeva un vincolo indiretto su edifici e terreni confinanti con la villa. Accolto il ricorso del Comune e di sei proprietari

Niente modifiche agli edifici e divieto assoluto di posizionare strutture anche precarie che potrebbero “disturbare” la visuale di Villa Sticchi, l'edificio simbolo di Santa Cesarea Terme e “cartolina” del Salento. La prescrizione, molto stringente, era arrivata nel gennaio dello scorso anno dalla Soprintendenza ai Beni Culturali ma oggi quei vincoli paesaggistici, cosiddetti “indiretti”, cadono per effetto delle sentenze del Tar che ha accolto sette ricorsi tra cui quello dello stesso Comune di Santa Cesarea Terme.  

Il decreto a firma del segretario regionale del ministero ai Beni Culturali, con allegato specifica nota tecnica della Soprintendenza di Lecce, Brindisi e Taranto, è stato trasmesso al Comune il 23 gennaio 2019 ed è rivolto ai proprietari di una serie di immobili confinanti con Villa Sticchi - “un mirabile esempio di architettura eclettica che, a partire dalla seconda metà del XIX secolo, ha caratterizzato anche l'edificazione di alcune tale più note località del Salento” -  ai quali sono imposti una serie di divieti “ai fini della salvaguardia dell’integrità di detto complesso architettonico e delle sue condizioni di prospettiva, luce, visibilità, cornice ambientale e decoro”.

Contro il decreto hanno presentato ricorso, come detto, il Comune di Santa Cesarea, la società Terme Spa, un'attività di ristorazione e alcuni privati proprietari di immobili sulla costa. Il Comune, tra le altre cose, contesta che alcuni degli immobili indicati nel decreto sorgono a 300 metri dal mare e come tali sono già sottoposti a controlli sulla compatibilità ambientali, inoltre alcuni sono collocati decine di metri più in basso dalla famosa cupola di Villa Sticchi e non potrebbero rovinarne la visuale. Inoltre, rileva il Comune, “imporre un vincolo di divieto di collocazione di qualsivoglia struttura precaria anche a carattere stagionale significa di fatto sottrarre alla privata e pubblica balneazione gli unici 600 mt. lineari di costa sicura dal punto di vista geomorfologico”.  

“E' vero che l'imposizione dei vincoli  è conseguente ad una valutazione ampiamente discrezionale dell'amministrazione ma questa soggiace a precisi limiti di logicità e  proporzionalità” rileva il Tar che tuttavia contesta al decreto ministeriale di essere troppo generico: “Le prescrizioni  sono estremamente restrittive della proprietà privata ed espresse in assenza della esternazione delle ragioni ad esse sottese e di un istruttoria atta a verificare la loro adeguatezza e proporzionalità. […] In particolare, la necessità del rispetto della cornice ambientale risulta espressa mediante una clausola di stile, utilizzabile per qualsiasi situazione: essa non dà infatti sufficientemente conto delle peculiarità del contesto di riferimento e non consente di comprendere le ragioni per le quali l'esigenza di tutela sottesa al vincolo indiretto debba essere soddisfatta attraverso misure così invasive delle ragioni proprietarie, tanto da comprendere l’impossibilità di collocazione di qualsivoglia struttura precaria e di carattere stagionale”.

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