Sanità 

Taglio delle liste d’attesa: i soldi per i privati non bastano. Mobilità passiva: 4,52 miliardi al Nord

Con la migrazione sanitaria il Sud regala una montagna di soldi. Intanto gli accordi con i privati pugliesi per gli esami in convenzione non sono risolutivi.

Sono partite le prenotazioni e gli esami nelle strutture convenzionate per smaltire una parte delle infinite liste d’attesa pubbliche per esami e visite specialistiche. La richiesta è abnorme rispetto alle capacità erogative del pubblico e del privato (quest’ultimo frenato dai budget risicati). Per le strutture private c’è una nuova tegola: da quest’anno gli esami fatti da pazienti non pugliesi nel territorio pugliese rientrano nel budget destinato ai convenzionati, riducendo ulteriormente la capacità di erogare esami da parte dei privati pugliesi. Quindi, non saranno pagati gli esami prenotati da utenti non pugliesi con lo stesso CUP pubblico.

Dal monitoraggio della Fondazione Gimbe emerge che nel 2021 la Regione Puglia ha sborsato 281 milioni di euro per i cittadini che sono andati a curarsi fuori dai confini regionali a fronte di 150 milioni di euro incassati per i pazienti provenienti da fuori regione, certificando un saldo negativo per la mobilità sanitaria pari a 131,4 milioni di euro.

Intanto, secondo i dati Gimbe, oltre 1 euro su 2 speso per ricoveri e prestazioni specialistiche finisce nelle casse del privato. Alle liste di attesa sempre più lunghe per interventi chirurgici considerati meno ‘importanti’, ma debilitanti per chi deve convivere ogni giorno con la malattia, si aggiungono sempre di più i casi di chi è stato chiamato per fare gli esami pre-ricovero e poi l’intervento salta. Gli esami fatti (analisi del sangue, consulenza con l'anestesista e altri esami diagnostici utili) hanno un costo sulla collettività e impiegano tempo prezioso agli operatori sanitari che li svolgono, per poi non servire a nulla.

Intanto, una montagna di soldi, 4,25 miliardi per la precisione, continua a scorrere verso le regioni del Nord grazie al fatto che chi abita nelle regioni meridionali si reca in Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna per curarsi. Anche i più facoltosi cittadini del Sud vanno a curarsi nelle cliniche private del Nord, che offrono una serie di servizi e casistiche importanti. La questione è annosa e il governo Meloni ha messo nuovi fondi per un taglio alle liste. Nulla di risolutivo. Servono molti più soldi, molto più personale per far diventare più efficienti gli ospedali leccesi, dove fare una TC è diventata un’impresa. Ci vogliono più soldi per permettere alle strutture private di dare una mano importante per il taglio delle liste d’attesa.

Intanto, con alcuni centri privati l’Asl fa il gioco delle 3 carte: da un lato dà 100mila euro per gli esami da fare in convenzione e dall’altro taglia 90mila euro da altre voci. Insomma, così i privati non potranno certo incidere con un taglio netto su liste d’attesa che restano insostenibilmente lunghe. Al di là delle buone intenzioni la grande sterzata tanto annunciata non ci sarà.

G.G.


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