Salute Sette 

È finita l’era del superticket nella sanità: stop ai 10 euro in più per visite ed esami 

Dal primo settembre 2020 anche nella ASL Lecce è abolito il superticket sanitario di 10 euro a ricetta

Il ministro della Salute Roberto Speranza, ieri, ha annunciato l'entrata in vigore del provvedimento che abolisce a livello nazionale il superticket, la quota aggiuntiva di 10 euro sul ticket per le visite mediche specialistiche e gli esami clinici: “Dall’1 settembre 2020, nessuno in Italia pagherà più il superticket. È una battaglia vinta. Perché la salute viene prima di tutto. Oggi è davvero un buongiorno". Le fasce più deboli si curano di meno: c’è una tendenza a risparmiare su visite mediche e prevenzione che è molto pericolosa. Il superticket rappresentava un ulteriore ostacolo, un disincentivo alla prevenzione e alla cura per la salute dei meno abbienti.

"Ogni volta che una persona non si cura come dovrebbe per motivi economici siamo dinanzi a una sconfitta per tutti noi e a una violazione della Costituzione”. Sono le parole del ministro Speranza, che in questi mesi sta cercando di costruire una sanità più equa e solidale, cominciando proprio dall’abolizione di ticket sanitari ingiusti. A dicembre del 2019 è stata approvata la norma che entra in vigore oggi".

La legge di bilancio 2020 prevede, a decorrere dal 1° settembre 2020, l’abolizione della quota aggiuntiva di 10 euro sulle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale per perseguire una maggiore equità nell’accesso alle prestazioni sanitarie e superare il sistema eterogeneo determinatosi a livello regionale. 

Si tratta solo di un piccolo passo che dovrebbe essere completato con il rafforzamento di una medicina territoriale capace di affrontare con efficienza le cronicità e di garantire a tutti pari opportunità nella fruizione delle prestazioni sanitarie. 

La strada è ancora lunga visto che tanti problemi non sono ancora risolti, a cominciare dalle liste d’attesa che scoraggiano la prevenzione e le cura di tante patologie. 

I MENO ABBIENTI NON SI CURANO PERCHÉ NON POSSONO

Sempre più italiani hanno difficoltà a pagare prestazioni sanitarie per via di una crisi economica incancrenita dall’emergenza pandemica. Se fino a 2 anni fa il Rapporto del Censis e Rbm Assicurazione Salute parlava di 13 milioni di italiani in questa difficile situazione, oggi dobbiamo pensare che quel dato è destinato a crescere pesantemente. È sempre più difficile l’accesso al servizio pubblico soprattutto a causa di lunghe liste di attesa: otto milioni di italiani hanno dovuto utilizzare tutti i propri risparmi o indebitarsi per curarsi, secondo i dati relativi alla situazione di 3 anni fa, quasi due milioni di italiani sono entrati nell’area della povertà a causa di spese sanitarie private. A queste situazioni difficili si aggiungono quelle dei meno abbienti che evitano le cure per non spendere i pochi soldi che hanno: si stima che siano più di 12 milioni gli italiani che rinunciano o rinviano almeno una prestazione sanitaria per motivi economici. Stiamo parlando di numeri che crescono di anno in anno. Le disuguaglianze sono sociali, ma anche territoriali: molto spesso il nord offre maggiore qualità nei servizi e, qualche volta, nelle prestazioni: una situazione che fa crescere la mobilità passiva e lo spostamento di risorse dalla sanità del sud a quella del nord. Un circolo vizioso difficile da bloccare. La spesa sanitaria pro-capite dei meno abbienti è ancora troppo alta: l’abolizione del superticket contribuirà a porre meno ostacoli alle cure che troppo spesso chi è in condizioni economiche difficili rinvia a data da destinarsi, producendo un danno allo stesso sistema sanitario, che poi dovrà spendere più soldi per curare la malattia che si è aggravata. 

Gaetano Gorgoni 

Potrebbeinteressarti