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Covid, fase 3 senza paura, Lopalco: «Virus non indebolito, ma carica virale più bassa»

Le regioni spalancano le loro porte al turista, non senza qualche esitazione, ma bisogna tornare a vivere senza paura e in sicurezza

Il professore Lopalco conferma: “Il virus non è più debole, i ceppi sono mutati pochissimo, ma la carica virale è minore e SARS-CoV-2 è clinicamente scomparso nel Salento”. Le regioni spalancano le loro porte al turista, non senza qualche esitazione, ma bisogna tornare a vivere senza paura e in sicurezza. Oggi abbiamo intervistato uno degli epidemiologi più influenti in Italia, responsabile per la gestione dell’emergenza, del monitoraggio e del contact tracing del covid-19 in Puglia, il professor Pierluigi Lopalco, che ha chiarito tutti i dubbi sulle ipotesi che circolano in questi giorni. 

INTERVISTA ALL’EPIDEMIOLOGO, PROFESSOR PIERLUIGI LOPALCO 

Professore, nel Salento anche il direttore generale Asl, Rodolfo Rollo, afferma che il virus è clinicamente scomparso. È un’affermazione corretta? 

«Dal punto di vista clinico sì. Ovviamente dal punto di vista della circolazione virale no. Il SARS-CoV-2 esiste ancora e noi continuiamo a identificarlo in Puglia» 

A Lecce, però, sembra scomparso da un mese...

«Questo possiamo confermarlo per quanto riguarda Lecce città: apparentemente sembra che non ci sia alcuna circolazione del virus. Già da un mese non si verificano casi positivi, ma non possiamo rilassarci troppo. Dobbiamo ricordarci che Lecce non ha le mura con il ponte levatoio!». 

Dobbiamo essere ottimisti per questa fase 3? Le aperture sembrano andare bene…

«Adesso aumenterà la circolazione, tante persone che non sono tornate torneranno, per cui dobbiamo tenere alta la vigilanza. Tutto qui. Dobbiamo vedere come evolve la situazione».  

Dobbiamo credere alla tesi dell’indebolimento del virus?

«No, non esiste! La escludiamo! Dal punto di vista virologico i ceppi che stanno circolando sono mutati pochissimo rispetto a quelli che circolavano a febbraio. Quindi, dal punto di vista della capacità potenziale del virus non è cambiato nulla. Quello che sta cambiando è la circolazione: il virus circola a più bassa intensità, con cariche virali più basse. Per questo abbiamo meno malati». 

Dunque, la differenza è tutta nella più “bassa intensità”virale? 

«Certo». 

Negli ospedali del brindisino ancora viene trovato qualche positivo al SARS-CoV-2: nei luoghi di ricovero le criticità non sono del tutto superate...

«Non dobbiamo dimenticare che i positivi ci sono ancora, soprattutto a Bari e Foggia continuiamo a trovarli. Il virus circola ancora in Puglia». 

Le autorità sanitarie venete insistono sulla tesi di aver scongiurato l’effetto Lombardia con i “tamponi a tappeto”, andando a caccia di asintomatici, disobbedendo al protocollo ministeriale ed evitando il danno più grosso. In Puglia abbiamo ottenuto buoni risultati in modo diverso? 

«Non dobbiamo dimenticare che anche in Puglia siamo andati a ‘caccia’ di asintomatici. I tamponi non li abbiamo fatti solo a chi era asintomatico, ma anche ai contatti delle persone che risultavano positive. Questo è un messaggio che non è mai stato chiarito! Ribadisco che noi in Puglia abbiamo il 90% dei casi che sono asintomatici: è chiaro che li abbiamo scoperti facendo tamponi anche se non presentavano sintomi, oppure nei casi in cui avevano sintomi leggeri o monosintomatici. Abbiamo fatto i tamponi allargati alla prima e alla seconda cerchia di contatti: per questo abbiamo trovato tantissimi asintomatici». 

Il Veneto, però, si erge a grande cacciatore di asintomatici: vorrebbe essere un esempio anche per la Puglia...

«Semplicemente perché hanno parlato di più…Hanno sicuramente pubblicizzato meglio quella che è la loro attività di contact tracing (nella sanità pubblica questo termine indica il processo di identificazione delle persone che potrebbero essere venute a contatto con una persona infetta ndr) che è identica a quella che abbiamo fatto in Puglia». 

Dal punto di vista delle previsioni scientifiche dobbiamo attenderci un ritorno autunnale del COVID-19?

«È difficilissimo fare delle previsioni in questo momento: quello che noi dobbiamo limitarci a fare è monitorare attentamente la situazione. Dobbiamo capire quanti portatori esistono ancora nella popolazione. In base a questo possiamo fare delle previsioni: ma per ora non c’è alcuna certezza».

Mi è capitato di leggere un recente studio in cui si afferma che gli asintomatici hanno una scarsissima capacità di infettare gli altri. Cosa ne pensa? 

«Anche questo è un ragionamento molto semplice e non c’è bisogno di scomodare gli studi scientifici che vengono fatti in questo periodo: un soggetto completamente asintomatico ha una carica virale bassa perché il SARS-CoV-2 non si replica tanto da causare sintomi. Se il virus non dà la polmonite, quindi non c’è tosse, la capacità di infettare è molto più bassa. È un fatto lapalissiano: chi non ha sintomi infetta di meno rispetto a chi ha sintomi conclamati». 

Bene, quindi, possiamo entrare  senza paura nella fase 3, vero? 

«Certamente, basta monitorare con attenzione: dobbiamo continuare a mantenere il distanziamento dov’è possibile ed è necessario usare la mascherina. Dal punto di vista invece dell’autorità sanitaria, noi aumenteremo sempre di più la sorveglianza». 

È vera o no la storia del caldo che mette in crisi il virus?

«Quello ci aiuterà: la stagione estiva, luglio e agosto, saranno d’aiuto. Si ridurrà ancora di più la circolazione e intanto dovremo prepararci per affrontare bene sia questa fase che la fase autunnale, che sarà più complicata...». 

Cosa possiamo dire di certo sulle cure: si può dire una parola chiara anche sul plasma?

«Ancora sappiamo poco: siamo in fase di sperimentazione. Finché non raccogliamo i risultati della fase di sperimentazione non possiamo sbilanciarci». 

Ma qual è il farmaco o la cura che funziona di più fino ad oggi?

«E tutto un insieme di cose, sono diversi fattori: il dosaggio dei farmaci, l’intervento al momento giusto, gli antivirali che funzionano abbastanza bene, diversi antinfiammatori che danno buoni risultati e anche il plasma, che sembra funzionare molto bene. Però dobbiamo dire che non esistono ancora dei protocolli ben definiti: dobbiamo ancora fare qualche altro passo avanti». 

Per quanto riguarda gli ospedali va bene un unico centro covid in  ogni provincia? Ad esempio, in provincia di Lecce il Ministero della Salute  ha già dato l’ok per trasformare il nosocomio di San Cesario in centro covid...

«Avere un ospedale covid è importante perché non stiamo parlando solo di una malattia infettiva: accanto all’infettivologo servono tutta una serie di figure, come lo pneumologo, l’internista, il rianimatore. È importante che in un centro covid ci siano diverse figure disponibili a intervenire immediatamente: sono necessarie più specializzazioni. È per questo che l’idea degli ospedali covid si è affermata in Italia». 

Gaetano Gorgoni

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