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L'immunologo: «Covid, la tempesta infiammatoria non si frena concentrandosi sul singolo organo»

L’ipotesi sulla necessità di prevenire la tromboembolia nella lotta al covid-19 e l’uso dell’eparina sono le novità che stanno facendo discutere tantissimo il mondo medico e scientifico

L’ipotesi sulla necessità di prevenire la tromboembolia nella lotta al covid-19 e l’uso dell’eparina sono le novità che stanno facendo discutere tantissimo il mondo medico e scientifico. La tesi che impazza in questi giorni è che “i malati di CoViD-19 semplicemente muoiono di coagulazione intravascolare, piuttosto che di infarto o altri problemi più o meno similari”, come ci ha spiegato il cardiologo Gianpaolo Palma nell’intervista di ieri. Ma l’immunologo Mauro Minelli invita tutti a essere più prudenti, perché la malattia è immunologica e l’impostazione dev’essere sistemica: “Personalmente ritengo – e lo affermo con grande umiltà - che questa impostazione votata alla semplificazione estrema non sia affatto la più calzante”.

Il professore Mauro Minelli, dopo aver letto il nostro approfondimento sull’ipotesi che in realtà siano le tromboembolie a far degenerare il quadro dei pazienti colpiti dal SARS-CoV-2, che poi finiscono in rianimazione, contesta l’approccio troppo incentrato sul singolo organo. Insomma, un immunologo aggiornato non può che affermare che la cura dev’essere personalizzata e sistemica: quindi, lo stesso approccio della lotta alle neoplasie. Pensare che la cura si debba concentrare sul singolo organo e non sulla reazione dell’intero sistema immunitario e dell’organismo potrebbe essere riduttivo e poco efficace. “Vero è che la polmonite può essere la punta dell’iceberg, e cioè la macroevidenza nei casi gravi destinati alle terapie intensive - spiega il professore immunologo salentino - Ma, come penso di avere più volte ribadito in queste lunghe settimane di analisi del fenomeno CoViD, ciò che è alla base del violento quadro clinico della malattia è una tempesta infiammatoria immunomediata, e cioè generata da una serie di potenti mediatori dell’infiammazione prodotti dal sistema immunitario e chiamati citochine. 

Già lo scorso 15 marzo avevamo presentato in conferenza fb con il prof. Graziano Pesole (Biologo Molecolare dell’Università di Bari e già direttore del CNR di Bari, personalità che occupa una posizione di prestigio nella Top italian scientists), un protocollo rapido ed economico che poteva offrire un importante contributo ai percorsi di diagnosi e di cura da adottare nell’infezione da nuovo coronavirus, perché finalizzato al dosaggio delle citochine principalmente chiamate in causa nella genesi dei danni prodotti dal 19 nCOV [la Interleuchina 6 (IL 6) e il recettore della Interleuchina 2 (IL-2R)]. Tutto questo avrebbe potuto far capire ai medici l'evoluzione e la gravità dei danni infiammatori da coronavirus, consentendo anche di prevedere un impiego più razionale e personalizzato dei farmaci biologici orientati proprio contro l’IL6”.

LA TEMPESTA INFIAMMATORIA DA FRENARE

La guerra al virus deve cominciare da una diagnosi che individui tutti gli asintomatici. “Le metodiche diagnostiche a suo tempo presentate ed illustrate sono di tipo immunoenzimatico e prevedono il dosaggio di IL6 e di IL-2R in modo altamente sensibile  con tempi di risposta di poche ore (2 – 3 ore), per un costo di circa 10 euro per paziente - spiega il professor Minelli - Il professor Pesole  si era anche pubblicamente impegnato a rendere quei dati fruibili in rete sulla piattaforma ELIXIR - che è una infrastruttura di ricerca europea nel campo delle scienze della vita e delle attività traslazionali per la medicina, l’ambiente e le biotecnologie - allo scopo di condividere l’elaborazione di modelli diagnostici e renderli più efficienti ed affidabili per l’elaborazione di protocolli di medicina di precisione. Dopo la presentazione io stesso ho proposto questa iniziativa, rimasta unica nel suo genere, al presidente Emiliano e, su sua indicazione, anche ai referenti regionali della task force, ma senza esito alcuno. Dunque una tempesta infiammatoria alla base della CoViD, avente come bersaglio non solo il polmone, ma un’ampia gamma di organi e tessuti. Tra questi soprattutto l'endotelio, e cioè lo strato più interno della parete dei vasi sanguigni. Certo non si può negare, analizzando la letteratura più recente riferita alla CoViD, che esista evidenza di manifestazioni tromboemboliche che peggiorano il quadro clinico della malattia. E questo può starci all’interno di una sindrome infiammatoria sistemica - in altri tempi avremmo detto una IMID e cioè un Disordine Infiammatorio Immuno-Mediato. 

Ecco perché ci sarebbe stato bisogno, mai come in questo caso, di una valutazione clinica sinergica tra specialismi diversi, tali da consentire un’analisi multidisciplinare integrata del quadro clinico e, dunque, un approccio concertato tra differenti competenze. 

LA MEDICINA DI PRECISIONE PER SCONFIGGERE IL COVID-19

Il professor Mauro Minelli insiste su un concetto fondamentale: “La Covid-19 è una malattia sistemica che ha la massima espressione nel polmone ma colpisce distretti diversi e, in primo luogo, il comparto vascolare verosimilmente ingenerando, come frequentemente accade nelle forme più gravi di immunoflogosi, una vasculite sistemica. Ragion per cui un’eventuale terapia cortisonica assunta preliminarmente per altro tipo di IMID pre-esistente (Artrite Reumatoide, malattia di Crohn, sindromi  allergiche complesse) può risultare indirettamente protettiva rispetto alle conseguenze flogistiche immuno-indotte dell’aggressione virale”.

Certo, a supporto dell’ipotesi vasculitica capace di generare, tra le altre cose, una fenomenologia tromboembolica, potrebbe essere utile avviare, già all’insorgenza dei primi sintomi, un’opportuna profilassi con antiaggreganti da associare ai classici antivirali e antipiretici, secondo l’immunologo salentino. “Tutto questo soprattutto a beneficio di quelle persone appartenenti a categorie a rischio e, dunque, più particolarmente esposte come ad esempio gli ultra 65enni, ipertesi e sovrappeso, magari diabetici o con sindrome metabolica, classici pattern della CoViD-19. Risulta da quanto esposto che il trattamento della malattia da 19-nCOV non può non essere complesso e, dunque, tale da non essere banalizzato o limitato ad un solo farmaco più o meno efficace. Nessun farmaco da solo potrà essere considerato miracoloso in una sindrome complessa. Come sempre e anzi, in questo caso più che mai, il trattamento terapeutico va rigorosamente personalizzato avendo bene in testa il quadro generale e intervenendo col presidio giusto al momento giusto. Certamente è importante  fare tesoro delle cose che pian piano si stanno capendo, ma è anche importante che nessuno autoproclami DA SOLO la correttezza assoluta della propria intuizione. Perché da soli non si vince! Solo facendo sintesi, con umiltà e grande disponibilità al confronto, tra esperienze e competenze diverse, si potrà arrivare alla fine ad un convinto ‘ne verremo fuori’.

Altrimenti - io temo - sarà solo palcoscenico”.

Gaetano Gorgoni 


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