Salute Sette Lecce Intolleranze, l'immunologo: "Fidatevi solo dei test medici. Gli altri sono inattendibili" È il parere di Mauro Minelli, immunologo che stronca gli esami fatti nelle farmacie o nelle erboristerie: “Sono inattendibili”. “Ormai tutti pensano di poter fare dei test ... 13/12/2018 a cura della redazione circa 7 minuti È il parere di Mauro Minelli, immunologo che stronca gli esami fatti nelle farmacie o nelle erboristerie: “Sono inattendibili”. “Ormai tutti pensano di poter fare dei test sulle intolleranze e i consumatori ci cascano”: l’immunologo Mauro Minelli stronca tutti gli “esami abusivi”, “perché non sono attendibili e si basano sulla fantasia”. Anche per il Ministero della Salute sono inaffidabili i test non medici. Pensi di poter fare il test sulle intolleranze alimentari in una farmacia, erboristeria o centro estetico, senza un immunologo esperto? Sappi che la diagnosi sarà quasi sempre sbagliata e finirai per danneggiare il tuo organismo privandoti di cose di cui non devi privarti e magari mangiandone altre che non potresti mangiare. I test per le intolleranze sono una cosa seria: solo quelli medici sono degni di essere presi in considerazione secondo l’immunologo Mauro Minelli. È proprio il professore, fondatore della straordinaria esperienza IMID, ci spiega in questo articolo tutto quello che è necessario sapere sui test per le intolleranze, per evitare di farci prendere in giro da “apprendisti stregoni”. Le intolleranze alimentari non sono certamente responsabili di sovrappeso e obesità, che sono condizioni ad eziologia complessa e multifattoriale. Le intolleranze alimentari “vere” sono poche. PERCHÉ AUMENTANO LE INTOLLERANZE? I motivi dell’aumento delle intolleranze possono essere tanti e diversi e possono riferirsi alla variata composizione degli alimenti per tecniche di coltura, uso di concimi chimici, additivi alimentari, conservanti e così via: tutte queste nuove sostanze possono avere degli effetti biologici in diversi soggetti e quindi in un buon numero indurre degli effetti che si manifestano con disturbi. Un’alimentazione non più sana (cioè non più basata su cibi naturali) potrebbe essere causa di aumento di intolleranza. IL BUSINESS DEI TEST DELLE INTOLLERANZE Se è vero che le intolleranze aumentano perché mangiamo male, è anche vero che si è messo in moto un vero è proprio “business delle intolleranze” basato su diagnosi fallaci e test totalmente privi di scientificità. “Siamo di fronte a un’indecente proliferazione dei cosiddetti ‘test per le intolleranze alimentari’ - spiega Minelli - cioè quell’insieme di pratiche molto alternative messe in atto generalmente da personale non medico (farmacie, erboristerie, centri di estetica, di dietetica e altro) privi di attendibilità e fondati più sulla fantasia che sulla scienza (‘il test kinesiologico’, che valuta le variazioni di forza muscolare ; il “Vega test” che analizza le variazioni di conduttanza della cute; il "test citotossico” eseguito sul sangue, che esamina le modificazioni dei globuli bianchi a contatto con un alimento; e poi ancora il ‘test del riflesso cardio-auricolare’, il ‘test dell'iride’, l’analisi del capello’ e tanto altro), così tanto inattendibili che se il medesimo test viene ripetuto sullo stesso soggetto dopo pochi giorni si hanno frequentissimamente risultati del tutto diversi rispetto a quelli ottenuti prima”. Vero è che parliamo di un sistema che, seppur basato su ingannevoli valutazioni, rappresenta oramai (così come segnalato con documenti ufficiali dalle Società scientifiche di riferimento) un vero e proprio business valutato in circa 3 milioni di euro, con circa 4 milioni di esami eseguiti in un anno (e con una crescita pari all’8-10%, sempre su base annuale). Una delle bufale più grossolane (ma anche più redditizie in termini di business) è quella che associa la diagnostica delle intolleranze alimentari alla cura della obesità, per cui si dice al paziente che ingrassa perché è intollerante (o, peggio, allergico a uno o più specifici alimenti). Sicchè l’esclusione di alimenti fondata su queste pseudo-analisi conduce a diete che possono anche far dimagrire ma non perché siano stati tolti uno o più specifici alimenti ‘incriminati’, quanto piuttosto perché quel soggetto semplicemente mangia di meno e non certamente per avere eliminato uno o più alimenti specifici ‘scovati’ dalle prove che il Ministero della Salute ha recentemente e finalmente definito inaffidabili. QUALI SONO I TEST ATTENDIBILI? Per una giusta diagnosi sulle intolleranze ci vogliono esperti qualificati e test medici: lasciate perdere le imitazioni. “Attendibili sono solo i test proposti dalla medicina ufficiale e comprendono il test di provocazione orale, necessariamente condotto da personale formato e sotto stretto controllo medico, con le procedure inalienabili del "doppio cieco verso placebo - spiega Minelli - Altre indagini validate sono il “breath test” per il lattosio e altri zuccheri, le “prove cutanee” per le allergie alimentari, la “ricerca delle IgE specifiche” resa ancora più attendibile dalle straordinarie potenzialità della diagnostica allergologica molecolare, il “BAT test” (Basophil Activation Test), che consente di testare direttamente la reattività dei basofili (cellule circolanti nel sangue del soggetto interessato ). E poi c’e anche il il “patch test” finalizzato a scoprire, per esempio, la sensibilizzazione allergica (che non è affatto un’intolleranza) al solfato di nichel evidentemente presente non solo negli oggetti metallici, ma anche in molti e diversi alimenti soprattutto di natura vegetale e, dunque, in grado di generare, oltre alla classica dermatite allergica da contatto (DAC), una vera e propria sindrome complessa ufficialmente definita SNAS (Systemic Nickel Allergy Syndrome) in un lavoro scientifico da noi pubblicato nel 2008. Proprio quest’ambito, tra l’altro, si presta ad ulteriori aberrazioni tanto concettuali quanto, purtroppo, anche pratiche se si considera, per esempio, una diffusa tendenza pseudo-terapeutica che da qualche tempo sembra andare per la maggiore e che individua in una sostanza di origine vulcanica di nome zeolite il magnifico talismano con cui esorcizzare, all'ombra rassicurante di suggestioni salutistiche evocate da termini come ‘redox’, ‘antiossidante, ‘rigenerante’, ‘disintossicante’, ‘purificante’ (e chi più ne ha più ne metta), le malefiche influenze del metallo. Come se quest'ultimo, invece di attivare complessi meccanismi immunologici abbondantemente documentati fin dai tempi di Gell e Coombs, che negli anni 60 classificarono le reazioni allergiche definendone le specifiche dinamiche, si rendesse unicamente responsabile di una semplice intossicazione da risolvere con l’ausilio di un blando agente chelante. E siamo davvero alla negazione dell’evidenza!” IL PROFESSOR MAURO MINELLI SGONFIA LE BUFALE SULLE INTOLLERANZE “Intanto sgombriamo subito il campo dalle fake news più ‘gettonate’: certamente le cosiddette intolleranze alimentari non sono responsabili di sovrappeso e obesità che, invece, sono da considerarsi condizioni tendenzialmente patologiche ad eziologia complessa e multifattoriale. E, d’altro canto, le ‘vere’ intolleranze alimentari sono, rispetto agli incontrollabili boatos da social network, decisamente più contenute in termini di numeri e di frequenza. Recenti dati ufficializzati dalla Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, congiuntamente alla Società italiana di Allergologia, Asma e Immunologia clinica, all’Associazione Allergologi Immunologi Territoriali e Ospedalieri e alla Società Italiana di Allergologia e Immunologia Pediatrica, dimensionano il fenomeno fornendo, rispetto ad una stima incontrollata secondo cui un italiano su cinque sarebbe convinto di essere intollerante ovvero allergico a qualche cibo, indicazioni reali numericamente molto più limitate, individuando solo nel 4,5% della popolazione adulta, ovvero una persona su 500, storie cliniche riconducibili a vere e proprie reazioni avverse ad alimenti. Secondo lo stesso documento congiunto, la percentuale di soggetti interessati da tale fenomenologia risulterebbe, invece, più alta nell’età pediatrica, oscillando fra il 5 ed il 10% dei bambini. Per quanto da non ignorare, il fenomeno va dunque opportunamente dimensionato e soprattutto collocato nell’alveo scientificamente corretto delle intolleranze vere e, dunque, documentabili con procedure diagnostiche validate, nell’ambito delle quali va certamente inclusa l’enzimopatia per lo più acquisita che conduce all’intolleranza al lattosio e che sembra aver raggiunto picchi del 40% nella popolazione italiana”. IL CONSUMATORE CONSAPEVOLE FA ATTENZIONE A QUELLO CHE MANGIA Il paziente potenzialmente allergico o intollerante deve mangiare con grande consapevolezza: deve informarsi, rivolgersi a uno specialista per una diagnosi puntuale ed evitare i cibi pericolosi. Bisogna evitare decisioni autonome o pratiche “fai da te” e rispettare con rigore e coerenza tutte le indicazioni, fornite da medici e biologi nutrizionisti tra loro interconnessi, inerenti le abitudini alimentari in casa e fuori casa e gli stili di vita. Sarà, inoltre, cura del paziente leggere con attenzione le etichette; rilevare eventuali allergeni nascosti; riconoscere e soppesare con attenzione eventuali sintomi predittivi di una eventuale reazione avversa (prurito ai palmi delle mani e/o alle piante dei piedi, orticaria, edemi, alterazioni del tono della voce) e, dunque, tenere sempre a disposizione farmaci eventuali per l’urgenza medica. Dovrà, inoltre, essere cura del paziente dichiarare sempre la propria allergia ai gestori della ristorazione richiedendo semmai la carta degli ingredienti utilizzati per la preparazione dei pasti prima della loro assunzione. Gaetano Gorgoni
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