Curiosità Lecce Il Salento vestito di bianco: 2 anni fa la straordinaria nevicata Il 4 gennaio 2019, all’antivigilia dell’Epifania, il Salento si svegliò sotto un fantastico manto bianco 04/01/2021 circa 2 minuti Esattamente 2 anni, il 4 gennaio 2019, a distanza di soli 2 anni dalla storica nevicata dei primi di gennaio del 2017, un nuovo impulso di aria molto fredda, di estrazione artico-continentale, riportava la Dama Bianca in Salento. La configurazione barica alla base della colata fredda fu sempre la stessa: anticiclone di blocco ad ovest, con massimi al suolo sulla Gran Bretagna, e aria fredda in discesa da nord-est.I primi episodi nevosi, misti a graupeln, iniziarono già nel corso della giornata del 3 gennaio 2019.I rovesci nevosi, invece, interessarono i settori centro-orientali salentini a partire dall'alba del 4 gennaio.Tutta la giornata del 4 gennaio 2019 fu caratterizzata da frequenti quanto intensi temporali a carattere nevoso, in modo particolare lungo tutta la fascia adriatica, da Brindisi sino ad Otranto.Pensate che, pur essendo pieno inverno, in meno di 24 ore (dalle 17 del 3 gennaio alle 19 del giorno successivo) caddero oltre 120 fulmini, la maggior parte dei quali concetrati in circa 18 ore.Perché tanti temporali nevosi?Tra le varie cause, il perché dei temporali nevosi del 4 gennaio 2019 è sopratutto da ricercarsi nel nocciolo gelido in quota piombato sul Salento direttamente dal Mar di Barents, da circa 4700 km di distanza.Nello specifico, una rapida quanto accurata spiegazione può venire attraverso l'analisi del profilo termico verticale misurato mediante il radiosondaggio di Brindisi delle 13 del 4 gennaio 2019: in Figura 7 è riportato l'andamento della temperatura al variare della quota. La curva, molto ripida, mette in evidenza un forte gradiente termico verticale, ossia una forte variazione delle temperatura all'aumentare della quota: infatti, alle 13 del 4 gennaio 2019, a Brindisi, si passava dai +1.6° al suolo ai -20° a 2900 metri, sino ad arrivare all'incredibile valore di -40° a 5300 metri (le quote riportate in figura rappresentano alcune quote di riferimento considerate strategiche per lo studio dei fenomeni meteorologici).In pratica, la temperatura diminuiva con un tasso di circa 0.75° ogni 100 metri (siamo molto vicini alla curva ideale detto gradiente adiabatico secco, in base al quale la variazione è di circa 1° ogni 100 metri).Una differenza così forte della temperatura non fa altro che esacerbare i moti convettivi verso l'alto (aumento della spinta di galleggiamento per il ben noto principio di Archimede, lo stesso principio per cui le navi galleggiano e le mongolfiere volano), in quanto l'aria calda, meno densa di quella circostante, tende ad andare verso l'alto generando nubi di tipo cumuliforme (temporalesco).Senza addentrarci in altri dettagli tecnici, val la pena osservare che la base delle nubi era approssimativamente posta attorno ai 400-500 metri, indice di aria molto umida, e quindi ancora una volta instabile. Il top delle nubi, invece, arrivava sino a circa 4000 m: questo vuol dire che le nubi temporalesche potevano avere uno sviluppo verticale che, pur essendo inverno, si spingeva sino alla quota considerevole di circa 4200 metri..Lo scorrimento dell'aria fredda sulla superficie più calda delle acque del Mar Adriatico determinò la genesi dell'ASES, Adriatic-Sea Effect Snow, ossia la neve prodotta dall'effetto Mare Adriatico.L'acronimo ASES deriva da LES, Lake Effect Snow (neve da effetto lago) che sta ad indicare una fenomenologia a carattere nevoso tipica dei Grandi Laghi del Nord America.Tale fenomenologia si manifesta quando una massa d'aria gelida scorre su un bacino sufficientemente esteso la cui temperatura dell'acqua è relativamente mite. In tali condizioni, l'aria fredda nei bassi strati si mitiga umidificandosi. A questo punto, la massa d'aria divenuta più mite tende a salire verso l'alto, condensandosi. In tal modo, quindi, si assiste alla formazioni di nuvole ed, eventualmente, precipitazioni a carattere nevoso.In copertina foto di Roberto LeoneSupermeteo
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