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''La statua di S. Oronzo a Lecce tra arte e devozione'': dalla tesi al capolavoro di Letizia Cerrati

Il volume è stato presentato nel chiostro dell’ex seminario di Piazza Duomo.

Nel chiostro dell’antico seminario di Piazza Duomo a Lecce, è stato presentato il libro “La statua di Sant’Oronzo a Lecce tra arte e devozione” di Letizia Cerrati.

L’evento è stato organizzato dalla Diocesi di Lecce in vista dei solenni festeggiamenti dei Santi Oronzo, Giusto e Fortunato.

Il libro racconta di quando e perché Sant’Oronzo è stato designato come principale patrono di Lecce e di come la decisione abbia dato forma al monumento simbolo della città, la colonna romana sormontata dal gigantesco simulacro.

Ha dialogato con l’autrice Andrea Pino, giornalista di Portalecce ed esperto della questio orontiana. Sono intervenuti anche l’arcivescovo Michele Seccia, il sindaco Adriana Poli Bortone e il prof. Raffaele Casciaro di Unisalento.

“Lo studio di Letizia Cerrati – afferma Casciaro – ha il merito di aver riunito tutto il materiale storico ancora reperibile e di averne trovato dell’altro negli archivi, ma soprattutto di aver intrapreso una lettura fondata sulla ricostruzione di una realtà storica, sociale, economica ed artistica d’insieme, nella quale le diverse ipotesi possono trovare giustificazione o smentita”.

“È bello che, anche in un ambito così delicato come quello della questione oronziana, una giovane autrice abbia voluto dire la propria ed offrire un personale contributo alla ricerca. Contributo che si ritrova dunque dispiegato nelle seguenti pagine. Un lavoro appassionante, significativo, redatto soprattutto in maniera semplice ed accessibile. Cosa questa per nulla scontata per chi è avvezzo agli ambienti accademici”. Così scrive il vescovo Seccia nella prefazione del libro.

“Partendo da una veloce analisi delle fonti documentarie disponibili che illustrano l’agiografia del martire – aggiunge Seccia -, l’autrice si sofferma dapprima ad indagare le contingenze religiose, storiche e sociali della Lecce del XVII sec., cioè dell’ambiente vitale in cui il culto del protovescovo salentino risorse sul serio dalle ceneri e si diffuse, con sbalorditiva rapidità, in tante contrade appule ed oltre, declinandosi con quei precisi aspetti iconografici e devozionali che, ancora oggi, appaiono subito riconoscibili”.

di Adriana Greco


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