Società Lecce Rivolta nelle carceri, Antigone: "Non chiamatela emergenza" La posizione dell'associazione per i diritti dei detenuti all'indomani dei disordini in numerosi istituti penitenziari italiani. 10/03/2020 circa 1 minuto La posizione dell'associazione per i diritti dei detenuti all'indomani dei disordini in numerosi istituti penitenziari italiani. "Sono 3863 le persone recluse negli Istituti Penitenziari pugliesi; ben 1346 persone in più rispetto alla capienza regolamentare, per un tasso di sovraffollamento del 153,7%. Una situazione che si potrae da lungo tempo destinata a peggiorare; per questo ci rivolgiamo ai detenuti per chidere di fermare le proteste violente nelle carceri, avvalendoci anche della sinergia creatasi con il Garante regionale dei diritti dei detenuti". Lo scrive l'associazione Antigone che si batte per i diritti dei detenuti all'indomani delle gravissime rivolte che hanno causato tensioni e morti nelle carceri italiane. "Gravi testimonianze ci arrivano dalla Casa Circondariale di Foggia dove la preoccupazione per la situazione sanitaria, e la sospensione dei colloqui con i familiari si è trasformata in rabbia e angoscia. Anche da Brindisi e Lecce le notizie non sono incoraggianti. A Bari la Direttrice Pirè e la Comandante De Musso sono intervenute nella scorsa notte per sedare le proteste nell’Istituto; nutriamo profonda stima per queste due donne che hanno prontamente risposto all’emeregenza con la presenza. Esserci in un momento così delicato è dimostrazione di coraggio e professionalità. Siamo vicini alla Comunità penitenziaria, ai Direttori, agli Agenti Penitenziari e a tutti gli operatori che stanno lavorando in condizioni precarie e fragili, ma chiediamo a loro di spiegare senza sosta ai detenuti che quello che sta accadendo anche al di fuori delle mura penitenziarie sono restrizioni determinate da ragioni di salute pubblica. Parlare in questi frangenti di possibili amnistie o di indulto non fa altro che alimentare illusioni e rabbia. Ai detenuti va inoltre chiarito detenuto che qualsiasi forma di protesta violenta diventa ostativa alla concessione dei benefici. La magistratura di sorveglianza, inoltre, faccia la sua parte: i pazienti con patologie importanti vanno tenuti a casa o in strutture adeguate. Non possiamo sostenere una situazione del genere, e quello che le Direzioni e Istituzioni possono fare in questo momento è applicare in primis l’estensione delle telefonate prevista dal decreto e che si promuova l’utilizzo di skype. Chiediamo inoltre che si inizi, finalmente, ad applicare seriamente la detenzione domiciliare, soprattutto per le madri detenute".
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