Politica 

Liberalizzazioni: sì o no?

Dal prossimo 20 gennaio si avvierà un processo di liberalizzazioni che interesserà, tra gli altri, gli ordini professionali, le attività commerciali (riguardo gli orari di apertur...

Dal prossimo 20 gennaio si avvierà un processo di liberalizzazioni che interesserà, tra gli altri, gli ordini professionali, le attività commerciali (riguardo gli orari di apertura e chiusura al pubblico), i benzinai e i tassisti. Nelle intenzioni del governo Monti questo dovrebbe portarci a un sistema più in sintonia con le regole della Ue e rilanciare l’economia, ma non tutti sono d’accordo    La parola d’ordine? Liberalizziamo. Questo il diktat del governo Monti. Insomma, se i partiti non si metteranno di traverso dovrebbe compiersi una vera e propria rivoluzione a vantaggio -si spera- dei consumatori. Ma le voci sono discordi: da una parte è schierato chi teme l’attentato alle posizioni guadagnate, dall’altra chi è scettico sulla possibilità reale di ottenere vantaggi per i consumatori. Benzinai, farmacisti, notai, ferrovie, tassisti, ordini professionali, tutti sono sotto accusa e pronti per la “cura dimagrante” che arriva sulla spinta delle richieste dell’Europa. Molte le novità che a partire dal prossimo 20 gennaio -data fissata per l’approvazione del decreto sulle liberalizzazioni- sono state annunciate dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Antonio Catricalà.  Per calmierare i prezzi della benzina alla pompa si vuole eliminare l’obbligo del monomarca e quindi i benzinai potrebbero acquistare il carburante sulla base della migliore offerta e senza dover subire l’imposizione del fornitore. Novità in arrivo anche per la vendita dei farmaci di fascia C la cui vendita potrebbe essere consentita nei supermercati e nelle parafarmacie. E non solo. Il governo vuole intervenire anche sulla rete delle farmacie favorendo nuove aperture. Stessa logica per i notai a cui arriva la doccia gelata dell’ampliamento della pianta organica. Ma anche per i servizi pubblici forniti dallo Stato sono allo studio misure d’intervento per rompere il monopolio come nel caso del gruppo Ferrovie dello Stato. Il ministro per lo Sviluppo economico, Corrado Passera, ha promesso un decreto al mese e a sorpresa il Pdl si è detto disponibile a discutere di liberalizzazione anche nel settore televisivo. La partita più dura la stanno giocando i tassisti che fecero ammainare le lenzuolate dell’allora ministro dello Sviluppo economico, Pierluigi Bersani. Non sono disposti a cedere sulla liberalizzazione delle licenze nonostante il governo abbia offerto alla categoria, a titolo di risarcimento, la possibilità di avere una seconda licenza senza sborsare il becco di un quattrino. I tassisti contestano che la liberalizzazione delle licenze li renderà più poveri, perché la torta non lieviterà per effetto delle nuove regole e quindi si tratterà di dividerla tra più operatori del settore.  C’è da dire che l’Italia è uno dei paesi più corporativi tra quelli che compongono la vecchia Europa e i nostri vicini fanno fatica a capire un sistema pensato per tutelare solo chi è riuscito a entrare nel giro fortunato. Tremano i polsi ai professionisti e nessuna categoria vuole cedere sull’esistenza del proprio ordine professionale, anche perché c’è in gioco la posta degli enti previdenziali autonomi molto più in salute dell’Inps. Infatti, il mantenimento dell’ente previdenziale è una delle prime preoccupazioni degli ordini professionali che hanno dovuto dimostrare di avere autonomia nel pagamento delle pensioni, ai loro associati, per i prossimi cinquant’anni. Per l’abolizione degli ordini professionali tifa chi ritiene un’inutile complicazione questa struttura corporativa, ma anche chi è convinto che a beneficiarne saranno i clienti grazie all’abolizione delle tariffe minime. Come sempre accade ci sono i pro e i contro, ma certamente uno scossone a un sistema troppo  rigido non può che fare bene alla nostra economia e alle nostre tasche.      Mercato flessibile: la ricetta per la crescita secondo Monti   Se ne parla a tutto spiano, ma in realtà che cosa in concreto cambierà con le liberalizzazioni non è affatto chiaro. Certo ci si basa sulle indiscrezioni, ma cosa abbiano davvero in testa Mario Monti (nella foto) e il suo esecutivo non è chiaro. Pare che il governo sia alquanto impermeabile alle sollecitazioni esterne e se dalla manovra cosiddetta “Salva Italia” furono ritirate le prime misure per la liberalizzazione di alcuni settori, questa volta pare il governo abbia intenzione di andare dritto sino in fondo. Intanto i tassisti sono stati i più tempestivi annunciando uno sciopero per  il prossimo 23 gennaio preceduto da una manifestazione nazionale sabato prossimo a Roma, a partire da mezzogiorno, al Circo Massimo.  Anche la deregulation negli orari di apertura e chiusura degli esercizi commerciali ha fatto registrare malumori perché sarebbe vantaggiosa solo per le mega strutture commerciali e “ammazzerebbe” i piccoli esercizi. In realtà la crisi economica morde tutti e anche le strutture commerciali di una certa dimensione licenziano o mettono in cassa integrazione il personale. Questa misura incide molto da vicino nel Salento dove la rete di esercizi commerciali di piccole e medie dimensioni è riuscita a tenere posizioni di mercato e resistere alla concorrenza dei colossi. Ma ora la deregulation rischia di scompaginare gli equilibri faticosamente raggiunti perché i piccoli difficilmente potranno star dietro alle aperture no-stop.  Sarà che per evitare il pressing di lobby e corporazioni che il governo si tiene abbottonato al punto che l’Ordine dei giornalisti ha impiegato diversi giorni per sapere che della materia se ne stava occupando il ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera.  Più concorrenza prezzi migliori per i clienti. Questo è stato detto per giustificare la necessità di toccare i privilegiati per eccellenza: notai e farmacisti. Mentre per le altre categorie professionali non è tutto oro quel che riluce. I professionisti che si sono guadagnati il famoso pezzo di carta devono fare i conti con una lista di professionisti sempre più “ricca”. Basti pensare che l’Ordine degli avvocati di Lecce nel suo albo professionale ne annovera la bellezza di 4.851.   Insomma, non basta laurearsi, bisogna fare due anni di praticantato e frequentare anche una scuola di formazione a integrazione della pratica -spesso a titolo gratuito- presso uno studio legale già avviato. Modalità che riguardano anche altre professioni. La strada che stanno tentando gli ordini professionali è un accomodamento all’italiana: cedere qualche privilegio, ma conservare il sistema. Quella di Monti pare dunque un’impresa eroica.    Maddalena Mongiò (fonte: Belpaese)

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