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Pipì a letto, l'intervista alla pediatra: "Evitare cioccolato e troppi zuccheri"

L'intervista alla pediatra Di Tonno: "Lo psicologo interviene quando non basta la terapia medica". Ieri abbiamo affrontato un argomento che spesso angoscia molti genitori: l’enuresi...

L'intervista alla pediatra Di Tonno: "Lo psicologo interviene quando non basta la terapia medica". Ieri abbiamo affrontato un argomento che spesso angoscia molti genitori: l’enuresi involontaria, cioè la pipì a letto durante il sonno del bambino. Oggi completiamo il nostro approfondimento con i preziosi consigli della pediatra Patrizia Di Tonno, che nella sua carriera ha aiutato tante famiglie a combattere i disturbi dei loro piccoli.  L’emissione involontaria di urina è normale fino a una certa età, come abbiamo ribadito ieri. Il disturbo esplode quando, superata la soglia dei cinque anni, il piccolo continua a bagnare il letto: è il sintomo che il controllo vescicale non è stato ancora raggiunto.  “Il bambino dovrebbe smettere di fare la pipì a letto almeno all’età di 5 anni. Quella è l’età in cui, in genere, si acquisisce il controllo dello sfintere”- puntualizza la pediatra salentina Patrizia Di Tonno. Lo sfintere è un muscolo circolare che apre o chiude un passaggio naturale o un orifizio: gli sfinteri sono oltre 50 nel corpo umano, alcuni microscopici, come gli sfinteri precapillari.  Questi muscoli controllano l’entrata e l’uscita di liquidi dal corpo umano, ecco perché sono quasi sempre contratti: solo quando si rilassano fluidi e liquidi possono passare. L’enuresi rappresenta spesso un ritardo dello sviluppo delle competenze minzionali. INTERVISTA ALLA DOTTORESSA PATRIZIA DI TONNO Dottoressa, come si fa a capire se esistono cause fisiche che impediscono il controllo dell’urina? “La prima cosa da fare è capire se si tratta di enuresi vera e propria, che si chiama enuresi primaria, in cui il bambino non ha mai acquisito il controllo dello sfintere: non è mai stato senza bagnare il letto per un periodo sufficientemente lungo. Diverso è il caso dell’enuresi secondaria, dove il bambino ha smesso di fare la pipì a letto e, dopo un periodo relativamente lungo di almeno sei mesi, riprende, in quel caso soltanto, per cause forse di natura psicologica, se si escludono problemi fisici”. Molti genitori si angosciano: possiamo tranquillizzarli dicendo che l’enuresi primaria è un disturbo molto diffuso e risolvibile? “È molto diffuso e interessa il 15 per cento dei bambini anche nel Salento, che si riduce al 7 per cento verso i 7 anni, con l’aumentare dell’età diminuiscono i casi: infatti, poi scende al 5 per cento a 10 anni e al 2 per cento tra gli adolescenti”.  Quali sono le vere cause? “Spesso si tratta di una predisposizione genetica: l’80 per cento dei bambini enuretici ha un genitore enuretico. Poi, c’è sicuramente un’immaturità vescicale, i disturbi del sonno che sono soprattutto difficoltà nel risveglio e anche una maggiore produzione di urina dovuta a un al funzionamento di un ormone chiamato vasopressina”.  È necessario lo psicologo? “Lo psicologo non viene chiamato per risolvere i problemi enuretici, ma quando il problema  non viene risolto con terapia medica: in questo caso possono scaturire problemi psicologici, come basso grado di autostima del bambino”. Dunque, come si fa la diagnosi per capire come agire? “Intanto è necessaria una buona anamnesi, con esami  obiettivi: esame chimico fisico delle urine in pochi casi particolari. Se esiste il problema del rilascio di pipì involontaria anche durante il giorno, è necessario un esame renale ed un’ecografia vescicale. Attenzione a non trattare mai un’enuresi prima dei 5 anni e prima di un’attenta osservazione”. Quali consigli dà ai genitori se il problema persiste dopo i 5 anni? “Bisogna partire dall’alimentazione: se si aggiunge la stipsi, bisogna aumentare l’assunzione di fibre, evitare cioccolata, caffeina e bevande ad alto contenuto di zuccheri. Bisogna ricordarsi di ridurre l’assunzione di liquidi qualche ora prima di andare a dormire. Qualora la terapia sia necessaria, si può ricorrere ai farmaci o si può ricorrere a un allarme acustico che emette un segnale quando registra la perdita di pipì sulle mutandine o sul pigiama: questo allarme innesca un riflesso condizionato da parte del bambino, che lo condurrà in poco tempo a svegliarsi prima per non ritrovarsi con il letto bagnato. Un’altra cosa che può funzionare è la ginnastica vescicale e gli esercizi che insegnano a trattenere le urine: questi possono essere utili in tanti casi”.  Gaetano Gorgoni

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