Ambiente Economia e lavoro Puglia sette Ulivi monumentali: Coldiretti Puglia, già 347.578 hanno la carta d'identità Attribuito un codice di identificazione univoco ad ogni esemplare per tutelare un patrimonio inestimabile della Puglia. 21/01/2023 circa 2 minuti Sono 347.578 gli ulivi monumentali con la carta d’identità, un codice di identificazione univoco attribuito ad ogni esemplare, per tutelare un patrimonio inestimabile della Puglia, messo a rischio dai virus alieni e dal clima pazzo. A darne notizia è Coldiretti Puglia, in relazione all’elenco regionale degli ulivi monumentali che si allunga, dopo il vaglio della Commissione Alberi Monumentali del Dipartimento ambiente, paesaggio e qualità urbana della Regione Puglia che censisce gli esemplari che rispondono ai requisiti di monumentalità.Gli ulivi plurisecolari sono custodi non solo di storia ma anche, probabilmente, di elementi che potrebbero aiutare ad affrontare nel migliore dei modi il cambiamento climatico, afferma Coldiretti Puglia nel sottolineare che per questo motivo è assolutamente necessario lavorare per recuperare e rendere produttive il maggior numero possibile di queste piante.Nella Piana degli Ulivi Monumentali è altissima la concentrazione di ulivi monumentali con ben 250mila esemplari di pregio straordinario. Si stima che alcuni potrebbero addirittura avere un’età fino a 3.000 anni, con circonferenze che superano i 10 metri. Una ricchezza dal punto di vista storico e turistico sino ad oggi mantenuta in vita soprattutto grazie all’impegno di generazioni di agricoltori, anche a prezzo di sacrifici considerevoli. La gestione di un ulivo monumentale è, infatti – rileva la Coldiretti Puglia - molto più complicata, con rese produttive notevolmente più basse rispetto a una normale pianta, ma anche la necessità di procedere a una raccolta esclusivamente manuale e maggiori difficoltà a livello di potatura e trattamento.La civiltà romana fu quella che più d’ogni altra contribuì alla diffusione dell’olivo e al perfezionamento – dice Coldiretti - delle relative tecniche di coltivazione e di estrazione. L’olio divenne una delle principali ricchezze dei Romani che conoscevano talmente bene il prodotto da mettere a punto tecniche e strumenti rimasti quasi invariati fino al XIX secolo e, per primi, classificarono gli oli in base alle loro caratteristiche organolettiche. Marco Porzio Catone (234-149 a.C.) e Marco Terenzio Varrone (116-27 a.C.) scrissero i primi “disciplinari di produzione” olivicoli, delineando i fondamenti teorici e tecnici che ancora oggi sono alla base delle produzioni di oli d’oliva di qualità con una gamma inimitabile di sentori, profumi, sfumature sensoriali e gradi di intensità.Una cultura conservata nei secoli in Puglia – sottolinea Coldiretti regionale – la regione che da sola detiene un patrimonio di 60 milioni di ulivi, tra cui ci sono migliaia di esemplari monumentali e addirittura planetari. Un patrimonio minacciato dai cambiamenti climatici – aggiunge Coldiretti Puglia - dalle oscillazioni produttive e dall’emergenza Xylella che ha intaccato il patrimonio olivicolo di Lecce, proseguendo indisturbata il cammino di infezione a Brindisi, Taranto e arrivando fino alla provincia di Bari.Peraltro, nell'intera provincia di Brindisi – denuncia Coldiretti Puglia - la continua avanzata della Xylella fastidiosa, con la presenza sempre più numerosa di oliveti con evidenti disseccamenti caratteristici dell’infezione dovuta al batterio, ha provocato conseguenze gravi nella parte sud del territorio provinciale anche sulla produzione ed una diminuzione del olio extravergine che in tali comprensori raggiunge anche il 50% rispetto alle annate precedenti.Per provare ad invertire la rotta, Coldiretti e Unaprol sono impegnati nel recupero e nella manutenzione degli uliveti di alcuni tra i più importanti parchi archeologici italiani e nel tentativo di salvare la piana degli ulivi monumentali dal batterio della Xylella che sta distruggendo l’olivicoltura pugliese, perché dallo studio di piante plurisecolari si potrà arrivare ad individuare caratteri utili per la resilienza al cambiamento climatico, per il comportamento produttivo, per la versatilità nei confronti delle esigenze di intensificazione sostenibile della coltivazione dell’ulivo e per migliorare le caratteristiche salutistiche dei prodotti.
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