Ambiente Puglia sette 

Ingresso vietato agli ispettori nell’ex Ilva per verificare gli impianti: «Fatto gravissimo»

La verifica era stata sollecitata dai sindacati per l’inattività di alcuni impianti e il timore di problemi di sicurezza per i lavoratori

Ingresso vietato ai commissari di Ilva in amministrazione straordinaria a Taranto: è stata l’incredibile decisione che ArcelorMittal avrebbe motivato questa scelta dichiarando di non essere pronta e che la presenza di un gruppo ispettivo di una quindicina di persone poteva costituire un problema per la questione emergenza sanitaria da Covid.

Era stata la prefettura di Taranto a chiedere l'intervento dei rappresentanti della proprietà, in virtù delle segnalazioni anche dei sindacati per verificare lo stato della manutenzioni degli impianti. In piena emergenza, era stato disposto dal prefetto che la multinazionale facesse ogni giorno 3.500 unità, distribuite sui tre turni per la salvaguardia degli impianti, pur col divieto di commercializzare le produzioni.

Citando numeri forniti dall'azienda, i sindacati hanno dichiarato che dal 18 al 24 maggio, 2.921 dipendenti erano al lavoro su un organico di 8mila unità, 4.200 in cassa integrazione Covid, 320 in ferie, 80 in malattia e 140 fuori per permessi vari. Dal 25 al 27 maggio, invece, i presenti erano 3.036, in cassa 3.580, in ferie 250, in malattia 50 e sono rimasti i 140 con i permessi. Ora ArcelorMittal produce il minimo storico per l’azienda: appena 7.500 tonnellate al giorno. Da qui la richiesta dei sindacati di un’ispezione per accertare rischi per la sicurezza dei lavoratori, dovuti allo stop di alcuni impianti e a mancati interventi di manutenzione.

Sulla vicenda è intervenuto anche l’assessore allo Sviluppo economico della Regione Puglia, Mino Borraccino, che parla di “scelta gravissima compiuta da ArcelorMittal”: «Si tratta – afferma - dell’ennesima, eclatante, provocazione fatta da questa multinazionale dell’acciaio ai danni non tanto (o non solo) dei commissari nominati dal Governo, lasciati ad attendere fuori ai cancelli la decisione dei vertici aziendali e poi costretti a tornarsene indietro, quanto piuttosto di un intero territorio che continua a pagare le conseguenze nefaste di una gestione dello stabilimento siderurgico che si dimostra, ogni giorno, sempre più inadeguata».

«Siamo estremamente preoccupati per la piega che sta prendendo questa situazione – prosegue -, anche in ragione del fatto che questi atteggiamenti irriguardosi nei confronti delle istituzioni del nostro Paese, delle leggi vigenti, dei lavoratori e di tutti i cittadini tarantini, non fanno altro che esasperare gli animi e rendere il clima nel capoluogo jonico, già complesso, sempre più delicato. A tutto questo non si possono non aggiungere i ritardi ormai insostenibili che Arcelor Mittal sta continuando ad accumulare nel pagamento dei fornitori, mettendo così gravemente a rischio la sussistenza stessa di molte piccole e medie imprese del territorio che lavorano nel cosiddetto “indotto” dell’ex Ilva».

«Dinnanzi a questo scenario – sostiene -, torniamo ad auspicare un intervento deciso e diretto del Governo Italiano in questa vicenda, se necessario anche con la nazionalizzazione dell’azienda al fine di salvaguardare una produzione ritenuta strategica per il sistema Paese che necessita, però, di ingenti e non più rinviabili investimenti per l’ambientalizzazione del sito siderurgico tarantino che solo lo Stato può garantire, tutelando al contempo i livelli occupazionali. Ogni altra soluzione rischierebbe solo di protrarre per un tempo indefinito una situazione ormai non più tollerabile che sta mettendo seriamente a rischio la tenuta economica e sociale di tutto il territorio jonico».

 

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