Cronaca Lecce Pestaggio Cucchi, il carabiniere salentino in aula: "Stefano preso a calci in faccia" Francesco Tedesco, il carabiniere brindisino superteste del processo, in aula ha raccontato il pestaggio del 31enne, avvenuto in caserma. Intanto, il generale Nistri scrive alla famiglia e assicura co... 08/04/2019 a cura della redazione circa 2 minuti Francesco Tedesco, il carabiniere brindisino superteste del processo, in aula ha raccontato il pestaggio del 31enne, avvenuto in caserma. Intanto, il generale Nistri scrive alla famiglia e assicura collaborazione per “far luce” sull’accaduto. Un “muro di silenzio” che continua a crollare: è quanto sta avvenendo nel processo sulla morte del geometra 31enne romano, Stefano Cucchi. Francesco Tedesco, il carabiniere brindisino imputato di omicidio preterintenzionale, ha infatti rilasciato in aula dichiarazioni forti, descrivendo il pestaggio del giovane. «Chiedo scusa alla famiglia Cucchi e agli agenti della polizia penitenziaria, imputati al primo processo. Per me questi anni sono stati un muro insormontabile»: queste le prime parole del carabiniere davanti alla Corte d’Assise, prima di raccontare le fasi del pestaggio, che il carabiniere addebita agli due militari coimputati, Raffaele D'Alessandro e Alessio Di Bernardo. «Al foto-segnalamento – ha precisato - Cucchi si rifiutava di prendere le impronte: siamo usciti dalla stanza e il battibecco con Alessio Di Bernardo è proseguito. A un certo punto Di Bernardo ha dato uno schiaffo violento a Stefano. Io dico: “ma che c... stai facendo? Smettila”. Di Bernardo spinge Cucchi e poi D'Alessandro dà un calcio a Cucchi all'altezza dell'ano. Io spingo Di Bernardo e nel frattempo Cucchi cade a terra, battendo la testa, tanto che ho sentito il rumore.... poi Raffaele D'Alessandro ha dato un calcio in faccia a Stefano». Tedesco ha poi sottolineato come non fosse facile denunciare i colleghi, motivo per cui avrebbe taciuto per quasi dieci anni. E intanto nelle stesse ore il comandante dell’Arma, generale Giovanni Nistri, ha scritto una lettera alla famiglia Cucchi, pubblicata sulla edizione odierna de La Repubblica, in cui sottolinea di ritenere “doveroso che ogni singola responsabilità nella tragica fine di una giovane vita sia chiarita, e lo sia nella sede opportuna, un'aula giudiziaria», assicurando alla sorella di Cucchi, Ilaria, di avere “la vostra stessa impazienza che su ogni aspetto della morte di Suo fratello si faccia piena luce e che ci siano infine le condizioni per adottare i conseguenti provvedimenti verso chi ha mancato ai propri doveri e al giuramento di fedeltà”. “Io per primo – scrive Nistri -, e con me i tanti colleghi, oltre centomila, che ogni giorno rischiano la vita, soffriamo nel pensare che la nostra uniforme sia indossata da chi commette atti con essa inconciliabili e nell'essere accostati a comportamenti che non ci appartengono”.
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