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Vigilia dell'Immacolata, ecco perchè si mangia la puccia: la leggenda salentina

Una tradizione che affonda le radici in un'antica leggenda narrata nel Salento. Torna anche quest'anno sulla tavola di tutti i salentini la tradizionale "puccia della vigilia dell'Immacolata&q...

Una tradizione che affonda le radici in un'antica leggenda narrata nel Salento. Torna anche quest'anno sulla tavola di tutti i salentini la tradizionale "puccia della vigilia dell'Immacolata", un grosso pane bianco e farinoso, spesso accompagnato dalle olive nere. La puccia è la protagonista indiscussa del pranzo del 7 dicembre, giorno in cui in tutto il Salento si rispetta un "semi digiuno": una regola sentita in tutto il territorio leccese, che non trova riscontro in regole religiose ma affonda le sue radici nella tradizione. La regola da rispettare sarebbe infatti quella di astenersi dal mangiare carne o derivati: il menu della tradizione vuole infatti che a pranzo si mangi la puccia, da condire con tonno, capperi, alici o pesciolini e formaggio. In alternativa si mangiano  pittule,  rape 'nfucate e baccalà con le patate.  Secondo la tradizione, il pane e le olive si rifarebbero al Vangelo: il pane è simbolo di Cristo, messo al mondo dalla vergine Maria, celebrata nella Bibbia "quasi oliva speciosa" e "come un ulivo maestoso".  Una leggenda narrata nel Salento racconterebbe che Maria, Giuseppe e il Bambino, in fuga da Erode, trovarono rifugio in un albero di ulivo: avendo i soldati alle calcagna, Giuseppe ordinò all'albero di aprirsi e nascondere la Vergine, pronunciando la frase "Àprite, ulìa, e scundi Maria".  

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