Salute Sette Lecce "Il cancro rende il sistema immunitario un “poliziotto corrotto”, intervista al luminare Mantovani Il 7 novembre il professor Alberto Mantovani, uno dei più importanti scienziati immunologi e oncologi d’Europa, ha ricevuto un importante premio per la ricerca a New York: “Di... 17/11/2018 a cura della redazione circa 8 minuti Il 7 novembre il professor Alberto Mantovani, uno dei più importanti scienziati immunologi e oncologi d’Europa, ha ricevuto un importante premio per la ricerca a New York: “Dieci anni fa non eravamo in tanti a credere che le terapie immunologiche avrebbero avuto un impatto significativo nella lotta contro il cancro: oggi, questo viene dato per scontato”. Quando si cominciava timidamente a parlare di immunoterapia nella lotta contro il cancro, il professor Alberto Mantovani era in prima linea. A dieci anni di distanza l’équipe dell’Humanitas, guidata da uno dei più importanti immunologi e oncologi d’Europa, è riuscita a realizzare un’altra importantissima scoperta. Il professor Mantovani è stato appena premiato a New York quando ci concede quest’intervista. Disponibilità, chiarezza e intelligenza raffinata contraddistinguono le grandi menti come la sua. Dopo anni di ricerche, il professor Mantovani può mettersi sulle tracce del “big killer” del tumore al pancreas sapendo che ha imboccato la strada giusta. L’immunoterapia è l’arma vincente che aspettavamo da anni e gli scienziati che stanno facendo progredire la medicina in questo campo sono degni di essere trattati come eroi che aiutano l’umanità a sconfiggere il “male oscuro” più temuto dall’uomo. Immunologo e oncologo, Alberto Mantovani è direttore scientifico di Humanitas e docente di Humanitas University: ha contribuito al progresso delle conoscenze nel settore immunologico formulando nuovi paradigmi e identificando nuove molecole e funzioni. Le analisi bibliometriche lo indicano come lo scienziato italiano più citato della letteratura scientifica internazionale. Mantovani ha ricevuto tanti riconoscimenti a livello internazionale: nel 2016 è stato premiato con il Robert Koch Award per l’impatto trasversale della medicina sulle scoperte in ambito immunologico. Il 7 novembre di quest’anno il professore ha ritirato a New Your il premio AICF, consegnato alle più grandi personalità della ricerca a livello mondiale. INTERVISTA Al PROFESSOR ALBERTO MANTOVANI, DIRETTORE SCIENTIFICO DI HUMANITAS E DOCENTE DI HUMANITAS UNIVERSITY Professore, anche la comunità scientifica USA le riconosce lo straordinario lavoro di ricerca che ha svolto con la sua équipe dell’Humanitas: ha appena ricevuto a New York un riconoscimento che è stato conferito, prima di lei, a Rita Levi Montalcini, Umberto Veronesi e altre straordinarie menti. Cosa rappresenta per lei questo traguardo? “Il premio AICF - The American-Italian Cancer Foundation per l'eccellenza scientifica in medicina viene assegnato annualmente, dal 1984, a medici e ricercatori di tutto il mondo che hanno fatto importanti scoperte nella biologia, prevenzione, diagnosi e trattamento del cancro. Simbolicamente l’assegnazione ad un immunologo di un premio che, da sempre, valorizza gli studi di genetica e genomica del cancro rappresenta un segnale del fatto che il futuro sta nel matrimonio fra questi due mondi. Sono stato dunque particolarmente onorato di riceverlo. Mi piace pensare che, al di là del fatto che riconosca il mio contributo al progresso delle conoscenze e della cura del cancro, sia una ricompensa anche per tutte le persone, in particolare i giovani, che hanno lavorato accanto a me in questi anni. E, più in generale, sia un riconoscimento per il contributo dell’immunologia italiana alla lotta contro il cancro”. Mi sembra che siamo a buon punto nella ricerca. In Humanitas avete fatto grandi passi avanti: avete capito che l’immunoterapia agisce risvegliando particolari cellule immunitarie, i linfociti T, che all’interno del tumore sono come narcotizzati dalla malattia. L’immunologia sarà l’arma letale che sconfiggerà il grande male, il cancro? “Dieci anni fa non eravamo in tanti a credere che le terapie immunologiche avrebbero avuto un impatto significativo nella lotta contro il cancro: oggi, questo viene dato per scontato. La scoperta dei meccanismi di sviluppo della cellula tumorale e del ruolo del microambiente infiammatorio che aiuta il tumore a crescere - quindi delle difese immunitarie che il cancro corrompe o addormenta per proliferare indisturbato - ha permesso di aggiungere un nuovo pilastro nella lotta contro questa malattia: le armi immunologiche sono dunque entrate a pieno titolo nell’armamentario della lotta contro il cancro. Innanzitutto gli anticorpi, che hanno cambiato la diagnostica ponendo le premesse per una Medicina di precisione nella cura del cancro e sono diventati farmaci per linfomi, leucemie, tumore del colon-retto e della mammella. Inoltre, gli inibitori dei checkpoints, che hanno aperto la strada a nuove terapie, ad esempio nel melanoma. Ancora, contro il cancro stiamo imparando ad utilizzare le cellule dell’immunità, ingegnerizzandole. E in parallelo abbiamo la prova di principio che fermare l’infiammazione che promuove la crescita tumorale può essere utile e complementare ad altri approcci di cura. Non vi è dubbio, insomma, che immunologia in generale, e immunoterapia in particolare, costituiscano la nuova frontiera nella lotta contro il cancro”. I macrofagi, cellule del sistema immunitario presenti nel tumore, anziché difenderci come dovrebbero si comportano come “poliziotti corrotti”, aiutando la malattia a crescere indisturbata: ha spiegato questo in alcune sue interviste. Perché accade tutto ciò?” “I macrofagi sono presenti in tutti i tumori. Negli anni ’70 si pensava che fossero lì per contrastare e contenere la crescita tumorale: il loro ruolo, infatti, dovrebbe essere proprio questo. In realtà è stato dimostrato che fanno l’esatto contrario: promuovono lo sviluppo del cancro. Questa scoperta ha condotto ad un cambiamento di visione. Il reclutamento e la ‘corruzione’ di questi soldati dell’immunità sono indotti dalle cosiddette ‘parole’ dell’immunità: molecole (citochine) che il sistema immunitario utilizza per comunicare al suo interno. I poliziotti corrotti possono influenzare tutti gli aspetti dello sviluppo del cancro: producono fattori di crescita che aumentano la proliferazione delle cellule tumorali e ne inibiscono la morte; aprono la strada alle cellule cancerose che invadono i tessuti e danno luogo a metastasi a distanza. Inoltre, inducono la formazione di nuovi vasi sanguigni (angiogenesi) aiutando il cancro a procurarsi vie di rifornimento, e inibiscono le risposte dell’immunità, attivandone i freni, detti checkpoints. Non ultimo, i macrofagi producono molecole capaci di causare mutazione, contribuendo ad una delle caratteristiche fondamentali del cancro: l’instabilità genetica”. L’immunoterapia dev’essere attuata attraverso la medicina di precisione? Non tutti gli organismi rispondono allo stesso modo, dunque la terapia dev’essere sempre personalizzata, vero? “Oggi la medicina è sempre più ‘di precisione’, ossia ritagliata sulle caratteristiche individuali della persona e della malattia. L’incrocio tra discipline, come immunologia e genomica, diviene sempre più fondamentale. Utilizzando approcci genomici e immunologici cerchiamo, ad esempio, di prevedere quali pazienti possano realmente beneficiare delle cure immunologiche, così da trarre il massimo vantaggio evitandone gli effetti collaterali a chi comunque non ne gioverebbe. Questo è fondamentale in un’ottica di sostenibilità delle cure, poiché parliamo di terapie estremamente costose. Il nostro obiettivo continua ad essere offrire la miglior cura possibile a tutti: aiutandoci ad utilizzare i giusti mezzi e a somministrare terapie solo a chi ne può effettivamente trarre beneficio, le nuove tecnologie (intese come diagnostici, farmaci, terapie cellulari…) possono essere uno strumento di sostenibilità e condivisione”. Qual è la neoplasia dove la ricerca è più indietro? Di recente lei ha parlato del tumore del pancreas e del “big killer” a cui date la caccia: solo il 2% dei fondi per la ricerca vengono indirizzati per la lotta a questa patologia. È il tumore al pancreas il cancro più pericoloso, dove ci sono meno risposte? “Il cancro del pancreas - un tumore aggressivo e a crescente incidenza, con oltre 1200 nuove diagnosi ogni giorno al mondo - costituisce certamente una sfida per chi fa ricerca in oncologia: ad oggi, infatti, i progressi ottenuti contro questa malattia sono stati purtroppo estremamente limitati. Anche una strategia promettente come la riattivazione delle armi del sistema immunitario contro il cancro si è rivelata inefficace, al momento. Indispensabile quindi approfondire le nostre conoscenze così da ottenere risultati migliori. Abbiamo un disperato bisogno di nuovi diagnostici, che ci permettano di effettuare diagnosi più precoci. E dobbiamo studiare e capire meglio il rapporto fra il tumore e lo stroma che lo circonda, che al momento costituisce una specie di muro invalicabile che impedisce l’accesso delle nostre difese”. Tra i consigli che lei dà c’è quello di rivolgersi alle strutture giuste. In Humanitas siete famosi per la tecnologia all’avanguardia e per le équipe multidisciplinari preparate ed efficienti. Conta molto la capacità di puntare sull’innovazione e l’affiancamento della ricerca all’interno di un Centro Oncologico? “L’integrazione fra cura e ricerca è fondamentale. La ricerca è indispensabile per migliorare costantemente qualità e risultati delle cure e per metterne a punto di innovative. Per questo Humanitas - ed in particolare il suo Cancer Center - collabora con i più importanti network di ricerca internazionali e applica i risultati dei differenti studi in tutti gli ambiti e le fasi del processo di cura: nella prevenzione e nello screening, nelle tecniche di diagnostica radiologica ed endoscopica, nello sviluppo di nuovi farmaci e di terapie di supporto, nella chirurgia laparoscopica e robotica, nella radioterapia. Senza dimenticare la ricerca di base, concentrata sullo studio dei meccanismi all'origine dello sviluppo delle malattie tumorali”. La protonterapia può essere la risposta meno invasiva nella cura del tumore, oppure in alcuni casi la chirurgia è inevitabile? “La chirurgia rimane e, per quanto possiamo vedere, rimarrà un’arma fondamentale nella lotta contro il cancro. Negli anni si è evoluta con l’utilizzo di robot e con approcci mini-invasivi: oggi gli interventi sono sempre più conservativi, meno demolitivi”. In chiusura ci dia qualche consiglio per prevenire il cancro. “Dati incontrovertibili suggeriscono che stile di vita e ambiente rappresentino un fattore determinante per lo sviluppo dei tumori. In parte, quindi, la prevenzione dipende anche da noi. Fondamentale ridurre i fattori inquinanti e seguire la regola per me d’oro dello 0-5-30. Ossia 0 sigarette, almeno 5 porzioni di frutta e verdura fresche e 30 minuti di esercizio fisico moderato al giorno”. Gaetano Gorgoni Area degli allegati
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