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Hpv, tutta la verità su un’infezione diffusissima che può causare il cancro

I consigli del professor Carlo Foresta e del ginecologo Antonio Perrone: “Vaccino e stili di vita fanno la differenza”. Il Papilloma Virus Umano o HPV (Human Papilloma Virus), è ...

I consigli del professor Carlo Foresta e del ginecologo Antonio Perrone: “Vaccino e stili di vita fanno la differenza”. Il Papilloma Virus Umano o HPV (Human Papilloma Virus), è un virus a DNA, che solo negli ultimi anni ha avuto una ribalta mediatica: in pochi, però, sanno davvero cos’è e quanto è diffuso nella popolazione. Solitamente l’infezione causata da questo virus si risolve da sola, ma spesso può causare problemi molto seri. Il Papilloma virus è noto perché può causare il tumore al collo dell’utero (nei casi in cui si contrae un ceppo particolare). Ma non è l’unico tipo di tumore, in realtà, che può essere scatenato da alcuni ceppi di HPV: gli esperti ci dicono che è interessato anche l’organo genitale maschile. Il Papilloma, inoltre, può causare alcuni tumori orofaringei, alla prostata e perfino polmonari, secondo alcuni scienziati. Guai a sottovalutare determinati ceppi. Inoltre, alcune lesioni cervicali, se non vengono trattate, scatenano il tumore.   COME SI CONTRAE IL PAPILLOMA VIRUS    Il Papilloma con i suoi nefasti, ed eventuali, effetti come condilomi, verruche e cancro, si può trasmettere soprattutto attraverso i rapporti sessuali, ma il preservativo non ci mette al riparo totalmente. E’ il contatto con la pelle che può trasferire questo virus: ecco perché l’infezione spesso viene riscontrata anche in pazienti molto piccoli.   COSA SUCCEDE QUANDO SI CONTRAE IL VIRUS    Una volta contratto il virus comincia la battaglia del nostro sistema immunitario: una battaglia che può durare, in genere, 2 anni: un’altissima percentuale (gli studi parlano del 90 per cento) riesce a eliminare il virus in questo lasso di tempo. Quindi, solo il 10 per cento rischia di ritrovarsi con un tumore.   QUANTI SONO I TIPI DI HPV, COME INDIVIDUARLI E QUALI SONO QUELLI CHE CAUSANO IL CANCRO    I sottotipi di HPV sono 120, divisi in sedici gruppi: possono essere cutanei e mucosi. Con l’HPV DNA test è possibile individuare i ceppi e monitorarli. Le donne devono essere sottoposte a screening citologico (PAP TEST) che può individuare la presenza di lesioni HPV correlate, la cui diagnosi dovrà essere confermata da esame istologico eseguito sotto guida colposcopica. La diagnosi istologica potrà essere supportata anche dal HPV test che consentirà di confermare la presenza del virus HPV, specificare il sierotipo di HPV coinvolto nella lesione migliorando in tal modo il follow-up. Molte persone hanno questo virus e non se ne accorgono per tutta la vita, perché non si verificano manifestazioni cutanee fastidiose come verruche e condilomi. La cosa da fare, però, è sempre verificare che i ceppi che hanno attaccato il nostro organismo non siano i genitopi HPV16 e HPV 18, perché in questo caso si rischia il tumore. HPV 16 nel 66 per cento di chi lo contrae causa carcinomi della cervice. HPV 18 causa nel 50 per cento dei pazienti lesioni precancerose. I ceppi HPV 6 e 11 sono responsabili, nel 90 per cento dei casi, di condilomi e verruche. I ceppi 31, 33, 45, 52 e 58 sono si riscontrano spesso.   L’INTERVISTA AL PRIMARIO DELL’OSPEDALE VITO FAZZI DI LECCE, IL GINECOLOGO ANTONIO PERRONE  “Il carcinoma della cervice uterina è il primo cancro ad essere riconosciuto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come totalmente riconducibile ad un’infezione: l’infezione persistente da HPV ad alto rischio è infatti condizione necessaria, anche se non sufficiente, per lo sviluppo della quasi totalità dei casi di cervico - carcinoma e di una quota rilevante di altre neoplasie del tratto ano-genitale (vagina, vulva, pene). I genotipi virali ad alto rischio più frequentemente implicati nel processo di trasformazione neoplastica sono l’HPV16, responsabile del 60% dei casi, e l’HPV 18, cui viene attribuito circa, il 10%: pertanto, complessivamente, questi due sierotipi virali rendono conto del 70% della patologia neoplastica che colpisce il tratto genitale inferiore. I sierotipi 6 e 11 sono responsabili invece dei conditomi ano-genitali. L’infezione da HPV presenta un’elevata trasmissibilità ed è l’infezione virale a trasmissione sessuale più diffusa nella popolazione generale, sia maschile che femminile: si stima che nel corso della vita il 75% delle donne sessualmente attive contragga l’infezione e che circa il 50% di queste venga a contatto con un sierotipo ad alto rischio. Il picco di incidenza si osserva generalmente tra i 16 ed i 25 anni, cioè poco dopo l’inizio dell’attività sessuale. Sebbene la maggior parte delle infezioni sia transitoria e vada incontro a risoluzione spontanea nel giro di 1-2 anni, una quota di infezioni da HPV ad alto rischio può persistere: le infezioni persistenti possono associarsi allo sviluppo di lesioni pre-cancerose che, qualora non vengano riconosciute e trattate, possono poi evolvere verso il cervico-carcinoma. In media, il tempo che intercorre tra infezione e insorgenza di lesioni precancerose è di circa 5 anni, mentre la latenza per l’insorgenza di lesioni neoplastiche può essere di 20-30 anni. La lenta progressione da lesione pre-cancerosa a cancro, ha reso possibile l’applicazione di misure di prevenzione secondaria, basate sull’utilizzo della citologia esfoliativa, volte ad identificare e trattare le lesioni pre- cancerose prima che esse evolvano verso la malignità. In effetti, nei Paesi Occidentali l’introduzione di programmi di screening citologico ha determinato sostanziali riduzioni dei tassi di incidenza e mortalità per cervico- carcinoma: in alcuni paesi del Nord Europa, ad esempio la Finlandia, si è osservata una riduzione dell’incidenza addirittura del 70%. Nonostante il sostanziale successo, le campagne di prevenzione secondaria presentano alcune limitazioni legate, da un lato, alla sensibilità dell’esame citologico che porta ad un numero relativamente elevato di falsi negativi, dall’altro, ad aspetti di ordine socio-economico e geografico. Quest’ultimo aspetto è particolarmente rilevante nei Paesi del Terzo Mondo (Africa sub-sahariana, America Latina, Sud-Est Asiatico), dove le risorse socio-economiche non hanno permesso di introdurre campagne di prevenzione secondaria efficaci, e dove, di conseguenza, l’incidenza e la mortalità per cervico-carcinoma sono ancora molto elevate. In queste realtà, il cancro del collo dell’utero rimane il secondo tumore maligno femminile tanto che l’80% dei 500.000 nuovi casi/anno si verifica proprio nei Paesi più poveri. Sulla base di queste premesse, a partire dagli anni 90, vari gruppi di ricercatori si sono concentrati sullo sviluppo di un vaccino in grado di prevenire l’infezione da HPV e le patologie ad essa correlate. La sfida era quella di poter affiancare un valido strumento di prevenzione primaria alle strategie di prevenzione secondaria già esistenti, in modo da poter ulteriormente ridurre il peso socio-sanitario derivante dalle patologie HPV- correlate”.   Dottore, nonostante il vaccino ci sono molte donne che hanno il papilloma virus? Il vaccino mette al sicuro o c’è sempre il rischio di contrarre uno dei ceppi diversi?  “I siereotipi HPV sono numerosi. Si dividono in sierotipi ad alto e basso rischio neoplastico. Oggi sono disponibili due vaccini contro il papillomavirus: 1         vaccino bivalente - protegge contro i tipi 16 e 18 (i tipi di virus in grado di causare le lesioni pretumorali)  e da una cross protezione nei confronti di altri 2 stereotipi virali HPV 31 e 45, . 2         vaccino quadrivalente - offre una protezione anche contro i tipi 6 e 11 (quelli che causano il maggior numero di condilomi) 3         vaccino 9-valente ( 6-11-16-18-31-33-45-52-58) I vaccini hanno un'efficacia elevata, se somministrati prima che la persona sia stata contagiata con il virus HPV, che si acquisisce, di norma, subito dopo l’inizio dell’attività sessuale. L’efficacia dei vaccini, sia tetravalente che bivalente, è risultata massima (>90%) nelle donne “naive” al momento della vaccinazione, cioè in quelle donne che non erano mai state infettate dagli HPV contenuti nel cocktail vaccinale. Nelle donne “non-naive” al momento della vaccinazione, l’efficacia è risultata comunque elevata, sebbene inferiore rispetto al gruppo “naive”, poiché il vaccino era protettivo nei confronti degli HPV contenuti nel cocktail vaccinale e da cui la donna non era infettata: infatti è estremamente raro che un soggetto sia coinfettato sia dall’HPV 16 che dal 18. E’ importante quindi che anche una donna che ha già contratto un tipo di HPV venga vaccinata. La vaccinazione non impedisce il contagio con altri sierotipi di HPV e pertanto la donna vaccinata deve comunque essere sottoposta a screening citologico. La campagna di vaccinazione contro l'HPV è indirizzata agli adolescenti di entrambi i sessi, preferibilmente intorno agli 11 e i 12 anni di età. La vaccinazione in questa classe di età consente di prevenire, nella quasi totalità dei casi, l’insorgenza di un’infezione persistente dei due ceppi virali, che più frequentemente provocano il tumore della cervice uterina..La vaccinazione è offerta gratuitamente e attivamente alle bambine nel 12° anno di vita (11 anni compiuti) in tutte le Regioni italiane dal 2007-2008. Alcune Regioni hanno esteso l’offerta attiva della vaccinazione a ragazze di altre fasce di età. Le Regioni Emilia-Romagna e Friuli Venezia Giulia offrono il vaccino anche agli individui, maschi e femmine, HIV positivi. Alcune regioni, inoltre, hanno recentemente esteso la vaccinazione HPV ai maschi nel dodicesimo anno di vita (Sicilia, Puglia; altre, come Liguria, Friuli Venezia Giulia e Veneto offrono il vaccino a partire dalla corte 2004)”. Ha ragione, quindi, il professor Carlo Foresta? I suoi studi dicono che vaccinarsi dopo può favorire una più celere eliminazione del virus. “Il razionale dell'uso del vaccino in soggetti che abbiano già contratto l'infezione si fonda sull'ipotesi che lo sviluppo della reazione anticorpale contro il virus, indotta dal vaccino, sia in grado di accelerare l'eliminazione dell'infezione stessa. Si apre quindi uno scenario interessante che dovrà essere confermato da ulteriori studi”.    Qual è la terapia per le donne che hanno contratto il virus? “La terapia non è mirata contro il papilloma virus, ma al trattamento delle lesioni ad esso correlate e varia in relazione al grado della lesione. I conditomi sono neoformazioni benigne efficacemente trattate con terapia topica farmacologica o escissione chirurgica   L’INTERVISTA ALL’ANDROLOGO, IL PROFESSOR CARLO FORESTA, DIRETTORE CENTRO CRIOCONSERVAZIONI GAMETI MASCHILI DELL’UNIVERSITA’ DI PADOVA Professore, c’è un vaccino che può metterci al sicuro completamente?    È chiaro che nessun vaccino è in grado di neutralizzare tutti i ceppi del Papilloma. I vaccini sono stati concepiti per bloccare quei ceppi che producono tumori”.   Lei con la sua équipe ha scoperto che il vaccino serve anche dopo.  “Il papilloma virus essendo un virus che si normalizza sulla superficie, non stimola in tutti i pazienti la formazione degli anticorpi: soltanto il 40-50 per cento delle donne e il 20-30 per cento degli uomini producono anticorpi circolanti. Solitamente si utilizza una più lenta forma di eliminazione, che è quella della immunità locale. Quando diamo un vaccino a un paziente che ha già contratto l’infezione, sicuramente induciamo gli anticorpi, se gli anticorpi sono compresi nel ceppo che in qualche modo viene riconosciuto da quegli anticorpi. Quindi, aumentiamo le difese immunitarie. Stimolando con certezza la produzione di anticorpi. Quindi, in realtà, non è una terapia, ma uno stimolo per eliminare questi virus. Quando noi individuiamo un virus nel tratto riproduttivo associato all’infertilità, con il vaccino il tempo di eliminazione si riduce a 5-6 mesi, ma se non si prende il vaccino si mettono almeno due anni”. Quando si rischia il tumore?  “Solo alcuni tipi di papilloma virus sono in grado di determinare il tumore, come il 16 e il 18. Ci vuole del tempo e non è frequente che il virus si trasformi in cancro. Tutte le zone a contatto con il virus possono esporre al cancro orofaringeo, molto frequenti, quelli dell’ano, del pene ed è possibile che anche altre forme di cancro possano essere scatenate dal Papilloma virus, come prostata e polmoni”.   Il preservativo nei rapporti sessuali ci mette al sicuro?  “Il contatto con la pelle può determinare il passaggio, non è necessario il rapporto sessuale. Naturalmente, il rapporto sessuale facilita il passaggio”.   Con il vaccino siamo al sicuro?  “Chi fa il vaccino non è totalmente immunizzato da tutti i ceppi. Ma si pensa che, comunque, chi lo fa sia a riparo per sempre dai ceppi riconosciuti dal vaccino”.   Esiste una terapia per guarire?  “Una terapia per guarire dal Papilloma non c’è: è il proprio sistema immunitario che deve reagire con l’aiuto di alcune terapie. Esistono degli stili di vita che aiutano a non prendere il papilloma: evitare rapporti con persone a rischio, l’igiene e stare attenti quando si è in condizioni fisiche non perfette. La riduzione della risposta immunitaria favorisce l’impianto del virus. Il condiloma può essere trattato con azoto o laser terapia: quelli interni con degli interventi specifici con il laser”.   G.G.      

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