Cronaca Politica Lecce Ribaltone al Comune, maggioranza al centrodestra: "Garantire la rappresentatività" Il Consiglio di Stato ha deciso: il premio di maggioranza va al centrodestra. Dunque sarà “anatra zoppa” al consiglio comunale di Palazzo Carafa: Salvemini dovrà fare i con... 19/02/2018 a cura della redazione circa 3 minuti Il Consiglio di Stato ha deciso: il premio di maggioranza va al centrodestra. Dunque sarà “anatra zoppa” al consiglio comunale di Palazzo Carafa: Salvemini dovrà fare i conti con una maggioranza di segno opposto al suo. I giudici di Palazzo Spada hanno deciso, così di confermare, la decisione del Tar di Lecce che aveva accolto il ricorso del centrodestra contro la decisione dell'Ufficio Elettorale di assegnare il premio di maggioranza alla coalizione guidata da Carlo Salvemini vincente al ballottaggio. La lunga sentenza del Consiglio di Stato parte dall'interpretazione dell'art.73 del D.Legislativo 267 del 2010 che disciplina l'assegnazione del premio di maggioranza che va ai vincenti al ballottaggio “sempreché nessuna altra lista o altro gruppo di liste collegate al primo turno abbia già superato nel turno medesimo il 50 per cento dei voti validi”: il nodo cruciale è proprio il concetto di “voti validi”. Secondo il centrosinistra si devono sommare i voti del primo e del secondo turno. Di diverso avviso i giudici amministrativi, di primo e secondo grado: “La locuzione legislativa “voti validi” non è affatto priva di determinazioni limitative, rinvenendosi esse, in termini sufficientemente univoci, nel necessario riferimento dell’accertamento (circa il superamento o meno, da parte dei voti di lista conseguiti dalla coalizione collegata al candidato sindaco non eletto, della percentuale del 50% dei “voti validi”) al “primo turno”. Netto anche il giudizio sul problema della “governabilità”: “Rapportare la percentuale del 50% al numero complessivo di “voti validi” appare incoerente con il principio di ragionevolezza [..] in quanto realizzerebbe una sorta di super-tutela del principio di governabilità, già valorizzato dalla eliminazione della condizione del conseguimento del 40% dei voti validi da parte della compagine politica collegata al sindaco eletto al turno di ballottaggio”. “La particolare frammentazione delle orientamenti del corpo elettorale renderebbe l’assegnazione del premio alla compagine che ha sostenuto il candidato sindaco vincente marcatamente artificiosa e palesemente inidonea a rappresentare la reale struttura del consenso elettorale - scrivono ancora i giudici - poiché si tratta appunto di determinare il peso relativo di ciascuna forza politica, quale può genuinamente evincersi solo all’esito del primo turno, laddove, cioè, gli elettori sono chiamati a manifestare la loro opzione per la compagine politica e non solo per il candidato sindaco, con la possibilità di scissione, attraverso il voto disgiunto, delle due manifestazioni di volontà elettorale”. Riassumendo: “La soluzione interpretativa proposta dagli appellanti pecca per l’eccessivo peso attribuito ai principi di governabilità e di primazia sindacale, i quali dovrebbero sopravanzare [...], ogni altra esigenza, compresa quella, non meno rilevante in un assetto istituzionale ispirato, a tutti i livelli di governo, al principio della democrazia rappresentativa”. Alla luce della sentenza del Consiglio di Stato, cambia la composizione del consiglio comunale di Palazzo Carafa: il gruppo di Direzione Italia passa da 4 a 6 con l'ingresso in aula di Angelo Tondo e Attilio Monosi. Per Fratelli d'Italia entra in consiglio Giorgio Pala portando il gruppo a due consiglieri. Il gruppo di Grande Lecce si arricchisce di due seggi con le due donne Laura Calò e Paola Gigante. Anche Forza Italia conquista un altro seggio affidato a Federica De Benedetto. I consiglieri di Carlo Salvemini diventano 14: il Pd perde il seggio di Paola Leucci. Le civiche Lecce Città Pubblica, Un'Altra Lecce e Cambiamo Lecce perdono un consigliere a testa, rispettivamente Giovanni Castoro, Silvano Vitale e Gildo De Giovanni. Rimane fuori da Palazzo Carafa anche Idea per Lecce con Ernesto Mola. Il sindaco Carlo Salvemini deciderà nelle prossime ore se dimettersi o continuare a governare facendo i conti con un consiglio comunale a maggioranza di centrodestra. Arriva il commento degli avvocati Felice e Luciano Ancora, Giovanni Garrisi e Daniele Montinaro, che avevano difeso Giliberti, Roberto Marti e Paolo Perrone davanti al giudice amministrativo: "A Lecce non può essere attribuito il premio di maggioranza alle liste collegate con il sindaco Salvemini perché quelle di centrodestra avevano già conseguito, al primo turno, la maggioranza assoluta dei voti validi. Lo ha stabilito il Consiglio di Stato con una sentenza appena depositata che, riprendendo tutta la giurisprudenza che fin qui si era formata, ha definitivamente chiarito che la locuzione voti validi doveva essere riferita solo a quelli ottenuti nel primo turno, con esclusione di quelli meritati dai candidati sindaci nel turno di ballottaggio. Fin dal primo momento, abbiamo ritenuto suggestiva ma infondata la tesi in base alla quale dovevano essere valutati anche i voti ottenuti dai candidati sindaci nel ballottaggio, che è invece destinato solo a decidere quale tra i due candidati ammessi ricoprirà la carica di sindaco".
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