Politica 

Ricercatori in rivolta all'Università del Salento

Dopo l’allarme fondi lanciato dal Magnifico Rettore, incalza la protesta contro il disegno di legge che riforma le modalità di reclutamento di ricercatori e docenti    Tempi d...

Dopo l’allarme fondi lanciato dal Magnifico Rettore, incalza la protesta contro il disegno di legge che riforma le modalità di reclutamento di ricercatori e docenti    Tempi duri per le università: la riforma Gelmini ha scontentato tutti e, come se non bastasse, quella del Salento piange per mancanza di fondi. I pilastri della riforma riguardano la governance e il reclutamento. Gli aspetti gestionali hanno occupato molti spazi del dibattito, ma le questioni spinose riguardano anche il reclutamento.  Che nelle università italiane i ricercatori non fossero destinati unicamente alla ricerca era cosa nota, risaputa e accettata. Spesso, specie nelle università più piccole, il ricercatore di fatto è il docente di riferimento per gli studenti. Non è raro il caso di interi corsi di laurea che possono sopravvivere unicamente grazie a questo escamotage. Ora con la riforma il legislatore vuole mettere “ordine” portando a esaurimento il ruolo transitorio del professore universitario aggregato per i ricercatori che si trovano temporaneamente in quel ruolo. Se questa ipotesi dovesse essere accolta, si creerebbe una terza fascia ope legis, totalmente sganciata dalle risorse di bilancio degli atenei. I ricercatori sono decisi a dar battaglia e per il prossimo anno hanno deciso di non firmare l’adesione a prestare attività didattica.  Il contestato disegno di legge introduce la figura del ricercatore a tempo determinato a cui viene assegnata un’attività didattica pari a quella dei professori associati e ordinari. I ricercatori a tempo indeterminato saranno privati di adeguata rappresentanza negli organi accademici e addirittura esclusi dalle commissioni per il reclutamento dei ricercatori a tempo determinato. Come se non bastasse, per poter accedere al ruolo di professore associato dovranno conseguire un'abilitazione nazionale e vincere un concorso a valutazione comparativa. Strada in discesa dunque per il nuovo ricercatore a tempo determinato che, dopo aver conseguito l’abilitazione, potrà essere assunto come professore associato per chiamata diretta dagli atenei. I ricercatori a tempo indeterminato hanno un carico didattico di grande responsabilità, spesso sono titolari di insegnamento quando a loro spetterebbero unicamente compiti di didattica integrativa tipo esercitazioni e tutoraggio.  Lo stato di agitazione ha investito anche l’ateneo salentino che vede come primo attore l’Associazione Ricercatori Salentini, a cui aderisce circa un terzo dei ricercatori stessi. Con l’assemblea cittadina del 21 aprile si sono definite le azioni di protesta che agiteranno l’ateneo nei prossimi mesi. Hanno partecipato, oltre al Magnifico Rettore, professor Domenico Laforgia, il delegato ai rapporti con i Ricercatori, professor Fernando Greco, e i professori Marco Meraffina dell’Università “La Sapienza”, Annalisa Monaco dell’Università de L’Aquila e non ultimo il presidente dell’Associazione Ricercatori Salentini, professor Francesco Porcari.  I ricercatori denunciano che con questa riforma si pongono le basi per addomesticare un’intera categoria e, al tempo stesso, poter avere un corpo docente a basso costo. Le regole e i vincoli posti dal disegno di legge sono ritenute, dai ricercatori, discriminatorie e inique nei confronti di chi, entrato per concorso in un ruolo interamente dedicato all’attività di ricerca, oggi svolge, oltre ai compiti di didattica integrativa previsti dal proprio ruolo, anche i compiti aggiuntivi che nel corso degli anni si sono resi necessari per sostenere l’offerta didattica delle Facoltà. Il contributo all’attività di docenza si è istituzionalizzato con le indicazioni contenute nella circolare ministeriale del 4/09/09, prot. n. 160, che ha disegnato uno scenario nel quale i ricercatori costituiscono circa il 40% del corpo docente, assumendo i doveri dei professori senza goderne diritti e prerogative. Insomma,“accà nisciuno è fesso!”.      Maddalena Mongiò

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