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Pizza regina del made in Italy? Ormai non più

“Fatte ‘na pizza c’a pummarola ‘ncoppa”, cantava Pino Daniele. Peccato che due pizze su tre siano fatte con concentrato di pomodoro cinese e mozzarella della Bielorussia ...

“Fatte ‘na pizza c’a pummarola ‘ncoppa”, cantava Pino Daniele. Peccato che due pizze su tre siano fatte con concentrato di pomodoro cinese e mozzarella della Bielorussia o della Lituania. Sotto la lente d'ingrandimento, oltre ai prodotti elencati in precedenza, sono andati a finire altri generi alimentari che, uniti, contribuiscono alla creazione di uno dei marchi di fabbrica per eccellenza della cucina italiana, vale a dire la pizza. Stiamo parlando del concentrato di pomodoro cinese, dell'olio tunisino e della mozzarella lituana, tanto per fare gli esempi più eclatanti. I numeri, d'altronde, sono schiaccianti: + 279% di importazioni di olio dalla Tunisia, + 379% di concentrati di pomodori e in due pizze su tre la mozzarella è made in Lituania.  Ne abbiamo parlato con Giuseppe Lucia, titolare della storica pizzeria “Zio Giglio” a Lecce, per capire qual è effettivamente la situazione nel comparto: “Sono già tre anni che noi facciamo la tracciabilità dei nostri prodotti. A dire che utilizziamo solo prodotti italiani sarebbe una presa in giro: il 90% dei prodotti che usiamo sono non italiani perché le eccellenze italiane vanno esportate all'estero. Tutti quanti parlano di made in Italy, ma di autenticamente italiano c'è rimasto ben poco. Uno dei rischi principali relativi al comparto ristorazione -sottolinea Lucia- deriva dal concentrato di pomodori: sughi e salse vengono addizionati con questo concentrato cinese. Attenzione, non vuol dire che tutto ciò che viene da fuori Italia è sempre un prodotto non controllato, dobbiamo stare attenti a come viene lavorato e a come viene conservato. La tracciabilità e l'etichettatura sono le cose più importanti per chi fa manipolazione di alimenti. Noi ai clienti forniamo la carta d'identità dei prodotti, come per le farine: 70% nordamericana e 30% europea”.  Il vulnus legislativo principale risiede nella difformità di controlli tra i diversi Paesi, la crisi economica ha fatto il resto andando a privilegiare mercati esteri dove i generi alimentari potevano essere acquistati a prezzi ridotti. L'esempio perfetto è quello della mozzarella importata dalla Lituania. “La cagliata non è altro che latte cagliato fuori dall'Italia, il che vuol dire che ci sono controlli diversi dai nostri. Per 30 anni abbiamo mangiato mozzarelle con cagliate dalla Germania e dall'Olanda; ora, per abbattere i costi, le importano dalla Bielorussia e dalla Lituania. I nostri politici dovrebbero puntare i piedi, bisogna bloccare queste irregolarità a livello istituzionale, mettere dei paletti, la legge dovrebbe essere chiara e uniforme per tutti. Ad esempio, la carta d'identità per la carne si fece quando c'è stata la mucca pazza, poi, una volta terminata l’emergenza, è stata abbandonata ed è orribile che non sia stata portata avanti per tutti i prodotti”. Fonte: belpaeseweb.it

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