Sanità Lecce Diario di una mattinata al Pronto Soccorso del “Vito Fazzi” Carenza di personale e turni di lavoro massacranti, a fronte di un aumento della domanda da parte dell’utenza dopo la chiusura di alcuni ospedali nella provincia, ecco la cronaca di una mattinat... 10/02/2013 a cura della redazione circa 3 minuti Carenza di personale e turni di lavoro massacranti, a fronte di un aumento della domanda da parte dell’utenza dopo la chiusura di alcuni ospedali nella provincia, ecco la cronaca di una mattinata al Vito Fazzi Lecce, ore 12, astanteria del Pronto Soccorso del “Fazzi”. L'odore pungente del disinfettante si mischia all'aria consumata della sala d'attesa. La fila agli sportelli avanza lentamente, apparentemente non ci sono emergenze tali da rendere concitato il lavoro all'accettazione. Nella stanza di smistamento dei codici bianchi e verdi un uomo aspetta il suo turno fissando immobile il pavimento. Un anziano sull'ottantina, con una visibile ferita all'occhio, torna dall'ennesimo giro a vuoto fra i reparti, accompagnato dai suoi cari che si lamentano, increduli di non riuscire a ottenere alcun intervento. Sarà medicato tre ore dopo. Ore 15, la situazione inizia a scaldarsi. A lcuni medici non sono ancora reperibili. La sala d'attesa è affollata, ma pochi riescono a rimanere seduti. Una donna col passeggino cerca di intrattenere suo figlio, mentre un'altra si domanda, piccata, come la suturazione dei punti di suo figlio possa essere considerata non urgente. La tensione aumenta. Un uomo lancia parole pesanti verso la porta del medico di guardia tenendosi il braccio ingessato, sotto lo sguardo afflitto di un'anziana con un gomito puntellato sul tavolino, in attesa di notizie. È il diario di una giornata qualunque nel reparto di Pronto Soccorso di Lecce. Episodi come questi sono diventati sempre più numerosi da quando la chiusura degli Ospedali di Campi Salentina, Nardò, Poggiargo e San Cesario, a causa dei tagli alla spesa previsti dal piano di rientro, ha provocato il dirottamento nella struttura leccese di flussi di pazienti provenienti dal resto della provincia. Tutto questo mentre l'organico medico, infermieristico e ausiliario della struttura, in alcun modo adeguato alle nuove proporzioni dell'utenza, viene sottoposto a uno stressante tour de force per mediare fra le emergenze sanitarie e le lamentele dei pazienti, che comprensibilmente sofferenti e confusi non trovano altro interlocutore per la propria insoddisfazione che i medici stessi. La situazione non è facile. E la Fp-Cgil, nella persona del segretario provinciale Silvio Cataldi, lancia l'allarme, rivolgendo ai vertici dell'Azienda Sanitaria Locale una lettera informativa, invocando un tempestivo potenziamento del personale infermieristico e Ota. Intanto gli operatori, ridotti allo stremo, continuano a lavorare al meglio delle proprie possibilità in attesa che una qualche contromisura garantisca loro di fornire un servizio adeguato all'utenza, che intanto, sempre più disattesa dai servizi territoriali e dalle tempistiche proibitive della diagnostica, tende a rivolgersi alla struttura centrale per avere delle risposte concrete e in tempi brevi. Uno stress da codice rosso Si chiama “sindrome da burn out”, nel significato di “bruciarsi” o “esaurirsi” ed è l'esito patologico di un processo di logoramento psicofisico a cui vanno incontro soprattutto i lavoratori delle professioni d'aiuto quando sottoposti a condizioni di lavoro stressanti, cui non riescono o non possono far fronte in modo efficace. Al carico di stress personale, infatti, nelle professioni sanitarie si aggiunge quello assorbito dalla persona che si vuole aiutare. Due le possibili reazioni: il lato umano dell'operatore che si trovi a lavorare in condizioni non sufficienti a garantire il servizio, trascinato dalle emergenze e dalle richieste di persone vere, magari in pericolo di vita, può essere tentato a farsi carico eccessivo dei problemi degli altri, accumulando stress e frustrazione, fino all'esaurimento, oppure può reagire attraverso delle forme di difesa quali spersonalizzazione, apatia e indifferenza. In entrambi i casi a venir irrimediabilmente compromesso è il rapporto medico-paziente, che si basa su un sano equilibrio di fiducia, empatia e distacco clinico. Non a caso il segretario provinciale della Fp-Cgil, Silvio Cataldi, conclude la lettera indirizzata ai vertici dell'ospedale “Vito Fazzi” richiedendo l'esplicito intervento dell'Unità Operativa di Psicologia del lavoro, affinché verifichi l'urgenza della crisi in atto e ponga mano a rapide contromisure. Valentina Zammarano (fonte: Belpaese)
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